Come si difendono le piante? Se c’è un modo in cui le piante non possono difendersi, quello è scappare. Le piante, infatti, sono immobili (anche se non così tanto). Ma allora come si difendono dall’attacco di diversi parassiti, come microorganismi, virus, funghi, insetti, predatori affamati e dalla competizione di altre piante? Non solo, devono essere anche in grado di proteggersi da diversi fattori fisici e condizioni critiche, come una carenza o un eccesso di acqua, oppure da un’eccessiva esposizione solare. Le piante hanno a disposizione diverse barriere fisiche, che insieme alla produzione di metaboliti tossici costituiscono dei meccanismi di difesa e fungono da deterrente affinché parassiti ed erbivori non tentino di danneggiare la pianta.
Che si tratti di stress biotici, come insetti erbivori, virus, batteri, funghi, o stress abiotici, tra cui temperatura, carenza idrica o eccesso di acqua, le piante, non potendo scappare dallo stress, devono necessariamente adattarsi alle condizioni in cui si trovano. Nel tempo sono state in grado di sviluppare efficaci strategie di difesa. Per esempio, quando la pianta riconosce un organismo estraneo, viene indotta l’espressione di numerosi geni al fine di attivare diversi meccanismi per la produzione di enzimi o di altre molecole.
Nel tempo, tra le piante e altri organismi all’interno di un ecosistema, si sono create interazioni raffinate che influenzano gli organismi a tutti i livelli, dagli aspetti biochimici a quelli genetici. Alcune di queste relazioni sono reciprocamente vantaggiose, come l’impollinazione, ma la maggior parte delle interazioni coinvolge la predazione. Inoltre, le piante riescono a comunicare anche tra loro, grazie all’azione di composti chimici che permettono di inibire la crescita di organismi vegetali vicini, con un meccanismo definito allelopatia.
Strategie di difesa
Le piante presentano delle difese costitutive, ovvero innate, e delle difese indotte, date dalla produzione di composti bioattivi in risposta a tessuti danneggiati, ad esempio da parte di qualche insetto. Gli insetti erbivori, infatti, possono indurre il rilascio di diversi segnali interni a causa dei tessuti feriti, come flussi di ioni calcio, cascate di fosforilazione, una forma di comunicazione che prevede una reazione chimica che consiste nell’addizione di un gruppo fosfato a un’altra molecola e rilascio di jasmonati, specifici ormoni vegetali a base lipidi. Queste diverse sostanze e messaggi vengono percepiti dai tessuti non danneggiati, che successivamente rafforzano la loro difesa producendo diversi composti di difesa. Si tratta di composti bioattivi specializzati che possono respingere o intossicare gli insetti, mentre altre proteine di difesa possono interferire con la loro digestione.
Non appena un insetto erbivoro inizia a nutrirsi di una pianta, vengono quindi indotti diversi segnali, che portano a diverse risposte di difesa. Le piante hanno la capacità di distinguere tra danni provocati da organismi erbivori e danni meccanici, come grandine e vento; inoltre, sono in grado di riconoscere la deposizione di uova, perché queste rilasciano particolari fluidi sulla superficie su cui vengono deposte.
Le piante sono anche in grado di riconoscere i composti presenti all’interno delle secrezioni orali degli insetti. Questi composti inducono la produzione di sostanze volatili in quantità maggiori rispetto al solo danno meccanico. Ma le secrezioni di alcuni animali contengono particolari enzimi in grado di bloccare la risposta di difesa della pianta, come alcuni secreti di Helicoverpa zea (verme del mais) e le proteine identificate nelle ghiandole salivari di Myzus persicae (afide verde del pesco).
Alcune piante distribuiscono i veleni in tutto il loro apparato, altre li confinano in particolari organi. Ad esempio, le foglie sono spesso tossiche. Al contrario i frutti sono privi di tossine, anzi hanno colori, profumi e sostanze zuccherine molto invitanti per gli animali. Mentre il seme può essere protetto da una dura scorza e un’abbondante dose di sostanze tossiche e potenzialmente letali.
Difese di tipo meccanico
Le barriere meccaniche rappresentano una prima linea di difesa, senza consumo di energia, e per questo vengono definite difese passive.
Le piante utilizzano queste barriere per proteggersi, rappresentate da caratteristiche morfologiche come la cuticola, cere e cutina, che ispessiscono e ricoprono le superfici della pianta; dei tricomi, una sorta di peli posizionati su foglie e altri organi che mosche e funghi non sono in grado di penetrare; o sostanze simili a lattici, che rendono più difficile l’alimentazione degli insetti.
Possono essere presenti particolari peli urticanti posizionati in punti strategici, come nell’ortica, nel peperoncino e nel sambuco. Si tratta di peli ghiandolari in grado di iniettare nei tessuti del predatore sostanze urticanti come acido formico, acetilcolina e istamina.
In alcuni casi, le piante sono in grado di modificare queste barriere in seguito all’attacco dei predatori, aumentando gli ispessimenti della parete delle cellule dell’epidermide o con la produzione di gomme all’interno di vasi legnosi, per ostacolare la diffusione del patogeno.
Difese di tipo chimico
Invece le difese di tipo chimico vengono definite difese attive o inducibili. Questa difesa comporta un costo metabolico e i composti tossici potrebbero esserlo anche per la pianta stessa.
Si tratta di composti chimici, in alcuni casi con attività antimicrobica, che possono trovarsi come tali all’interno della pianta o sotto forma di precursori, che una volta entrati in contatto con il patogeno, vengono convertiti in una forma biologicamente attiva, all’interno delle cellule della pianta. Ne sono esempi le saponine e i polifenoli.
Alcune hanno un sapore o un odore sgradevole, con un effetto repellente sugli animali che le mangiano. Altre sono irritanti o tossiche ad alte concentrazioni, ma alcune possono essere letali per animali di grossa taglia, anche a piccole dosi e potenzialmente anche per gli umani.
Vi sono poi composti organici volatili rilasciati a seguito dell’attacco da parte di microbi patogeni; come i terpeni, composti contenenti azoto, derivati degli acidi grassi, e gli ormoni vegetali volatili, come il metil jasmonato e il metil salicilato. Alcune sostanze volatili vengono rilasciate per respingere gli erbivori; attrarre gli impollinatori e per la comunicazione tra foglie della stessa piante o per la comunicazione con altre piante. Tutte queste sostanze hanno come scopo l’inibizione della crescita di funghi e/o batteri, che può avvenire con digestione della parete fungina o lisi della parete batterica.
Esempi
- L’ortica si difende in modo meccanico e chimico: le sue foglie sono ricoperte da piccole spine e quest’ultime contengono anche una sostanza che irrita la pelle.
- Nella Genziana la presenza dell’acido gentisico, assieme all’acido salicilico, viene considerata una risposta di difesa ad attacchi da parte di agenti patogeni.
- La Cicuta (Conium maculatum), di cui il filosofo Platone racconta che un infuso uccise il suo maestro Socrate, è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Apiaceae che può essere facilmente scambiata col prezzemolo, ma al contrario ha un odore molto sgradevole. Odore che è dovuto alla presenza di diversi alcaloidi tossici, tra cui: la coniina, la conidrina, la pseudoconidrina, la metilconicina e la coniceina, tutti appartenenti ad una classe di neurotossine responsabili dell’elevata velenosità della pianta.
- L’oleandro (Nerium oleander) è un arbusto sempreverde appartenente alla famiglia delle Apocinaceae, tipico del Mediterraneo. Tutta la pianta contiene glicosidi cardioattivi capaci di alterare il ritmo cardiaco, provocando aritmie. Il principio attivo tossico si chiama oleandrina e interferisce con la normale attività delle cellule muscolari del cuore ed è in grado di provocare gravi problemi cardiaci.
- Il lattice che fuoriesce dai semi del papavero (Papaver somniferum) è ricco di decine di diversi alcaloidi, che appartengono al gruppo degli oppiacei. Tra questi, i principali sono la morfina e la codeina, entrambi tossici.
- I noccioli di albicocca contengono una quantità relativamente importante di amigdalina, un glicoside cianogenetico che durante la sua digestione libera acido cianidrico (cianuro), altamente tossico. Questa sostanza è presente anche nei semi di mela e nei noccioli delle ciliegie, che risultano tossici se ingeriti in grandi quantità.
- Anche le saponine hanno un ruolo di protezione contro diversi microrganismi, insetti e uccelli, che stanno lontani dai vegetali che le contengono a causa del loro sapore amaro e disgustoso. Anch’esse possono avere un effetto tossico sull’uomo se assunte in quantità elevate. Tra le piante più comuni che contengono saponine vi sono la liquirizia che contiene la glicirrizina, l’escina dell’ippocastano. Sono contenute anche nel basilico e nell’avena, e sono proprio le saponine a renderla resistente a muffe e funghi.
- La solanina, invece, è un metabolita secondario di natura alcaloide contenuto nelle patate, nelle melanzane, nei peperoni e nei pomodori, anch’essa utile alla difesa della pianta contro funghi e insetti.
Altri metaboliti secondari classificati in base alla loro struttura chimica sono i fenoli, flavonoidi, stilbeni, lignani e curcuminoidi, hanno un ruolo di difesa contro parassiti di ogni tipo e di protezione dalla radiazione ultravioletta; in alcuni casi, conferiscono anche il pigmento a varie porzioni della pianta. I polifenoli sono tra l’altro potenti antiossidanti, in grado di neutralizzare radicali liberi dell’ossigeno e dell’azoto, aiutano le piante a difendersi dagli agenti aggressivi esterni (raggi UV, insetti, funghi e malattie).
Un particolare salice, Salix sitchensis, è in grado di modificare la produzione di sostanze presenti all’interno delle sue foglie quando viene attaccato da alcune larve defogliatrici. Le foglie, in questo modo, diventano sgradite ai parassiti perché il salice smette di produrre sostanze attrattive per gli insetti al fine di allontanarli, mentre rilascia altre sostanze riuscendo a comunicare alle piante circostanti la sgradita presenza di questi insetti, trasmettendo il messaggio agli alberi vicini.
Mimetismo
Anche il fenomeno del mimetismo può fornire protezione contro gli erbivori. Grazie a questa capacità, un organismo vegetale può cambiare il suo aspetto, fisicamente o chimicamente, per assomigliare a un altro organismo. Oltre a incoraggiare l’impollinazione da parte di diversi insetti che sono attratti dalle modificazioni, la pianta sfrutta questo meccanismo per non apparire appetibile ad alcuni insetti oppure per simulare l’aspetto di una specie dannosa. È il caso della Passiflora, le cui lamine fogliari recano sulla superficie dei rigonfiamenti puntiformi: si tratta di ghiandole somiglianti a uova di farfalla. Questo potrebbe essere utile per evitare che le farfalle depongano le uova su queste foglie. Non solo, nella lamina inferiore le stesse ghiandole fogliari emettono un nettare di cui le formiche sono ghiotte, esse percorrendo i fusti e le foglie della pianta, tengono lontano i parassiti.
Allelopatia
Un altro particolare aspetto del comportamento delle piante è ll’allelopatia. Esse, infatti, comunicano con quelle vicine e competono tra loro, per risorse come luce, acqua e sostanze nutritive. Influenzano la crescita di altre piante attraverso la produzione di diversi metaboliti secondari, tra cui: alcaloidi, glicosteroidi, terpenoidi, fenoli, flavonoidi e saponine, che vengono accumulati in molti organi vegetali (foglie, steli, rizomi, polline) ed emessi tramite diverse modalità: rilascio nell’atmosfera, con la pioggia, attraverso l’apparato radicale o tramite decomposizione. Tutti questi fattori e meccanismi possono variare in base alla stagione e ai periodi di crescita della pianta. In più l’allelopatia gioca anche un ruolo importante nella difesa contro altri predatori.
È vero che le piante sono immobili, ma sanno come difendersi!
Fonti:
- · https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3676838/
- · https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3676838/
- · https://digimparoreda.capitello.it/app/books/CPAC12_8361360A/html/227
- Piante velenose e selvatiche
- https://www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2019/lallelopatia-le-piante-influenzano-la-crescita-piante/
- Una collezione botanica cremasca: le Passiflore di Maurizio Vecchia
Crediti immagini:
https://awkwardbotany.com/2022/05/11/randomly-selected-botanical-terms-prickles/
https://pixabay.com/it/photos/bruco-la-farfalla-a-coda-di-rondine-7434958/
https://www.faidateingiardino.com/erbe-e-piante-velenose/cicuta
https://www.facebook.com/biologicaIT/photos/a.468871016952283/898509037321810/?type=3
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