Il film I Origins, diretto da Mike Cahille e uscito nel 2014, ha vinto l’Alfred P. Sloan Feature Film Prize al Sundance Film Festival ed è stato girato in diversi luoghi del mondo, tra cui l’India, il Nepal, l’Islanda e gli Stati Uniti. Racconta la storia di Ian Gray, un biologo molecolare che studia l’evoluzione degli occhi umani e crede fermamente nella scienza.

All’origine dell’occhio umano

Il protagonista è completamente affascinato dall’occhio umano, così tanto da voler fotografare tutti gli occhi che incontra, fino a farne lo scopo del suo lavoro. Ian, infatti, vuole studiare come gli occhi umani si siano evoluti da semplici organi fotosensibili a strutture complesse e sofisticate. Questa evoluzione è stata prodotta da una serie di fattori, tra cui la selezione naturale e le mutazioni genetiche. La selezione naturale ha favorito gli individui con occhi più sensibili alla luce, che erano in grado di vedere meglio e sopravvivere meglio. Allo stesso tempo, le mutazioni genetiche hanno portato allo sviluppo di nuove caratteristiche degli occhi, come la cornea, il cristallino e la retina. La prima versione dell’occhio doveva essere simile a una macchia oculare costituita da proteine ​​fotorecettrici sensibili alla luce, in grado di determinare la differenza tra luce e buio, una capacità importante per quegli organismi che utilizzavano la fotosintesi per produrre i nutrienti necessari. Nel corso del tempo, l’evoluzione in organismi pluricellulari è stata seguita dall’evoluzione di questa macchia, con lo sviluppo di una struttura intorno e di un foro che permette il passaggio della luce, proprio come una macchina fotografica.

Il gene PAX6

Ian cerca di trovare risposte nella scienza e insieme alla tirocinante Karen va alla ricerca di un particolare gene, chiamato PAX6. Un gene realmente coinvolto nell’attivazione di geni necessari per la vista e codifica per una proteina chiamata PAX6, essenziale per lo sviluppo degli occhi e di altre strutture, come il cervello, il midollo spinale e il pancreas. Durante lo sviluppo embrionale, la proteina PAX6 svolge un ruolo importante nella formazione dei fotorecettori, cellule dell’occhio responsabili della visione; in più codifica per proteine che sono necessarie per la loro struttura e funzione, nella formazione della cornea e della retina, nello sviluppo dell’iride e del cristallino. Mutazioni eterozigoti del gene PAX6 con perdita di funzione possono causare una serie di anomalie oculari, tra cui una malattia congenita relativamente rara chiamata aniridia. Si tratta di una malattia genetica dello sviluppo oculare, caratterizzata da ridotta o assente crescita dell’iride e della fovea (la zona dell’occhio con migliore definizione visiva). Il gene fu scoperto nel 1989 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford ed è presente in tutti i vertebrati, dai pesci agli esseri umani. Si tratta di un gene “conservato”, il che significa che è presente nella stessa forma in tutti i vertebrati, compresi gli umani. Questo suggerisce che il gene PAX6 era già presente nei nostri antenati comuni che vivevano circa 500 milioni di anni fa. Molto di ciò che si conosce sulla funzione del gene PAX6 deriva da studi sulla perdita di funzione in sistemi modello animale; infatti, mutazioni del gene PAX6 sono state trovate in una varietà di specie animali, tra cui drosophila (moscerino della frutta), zebrafish (un piccolo pesce tropicale d’acqua dolce) e topi, tutti molto utilizzati come modello per lo studio di patologie umane.

I origins 2014

I due scienziati conducono un particolare esperimento con l’obiettivo di far sviluppare una struttura visiva in un verme privo del gene PAX6, modificandolo geneticamente, per osservare l’evoluzione di un occhio primitivo e indagare le origini evolutive dell’occhio. In effetti, ulteriori ricerche sul gene PAX6 potrebbero svelare i segreti dell’evoluzione dell’occhio umano. Non solo, la comprensione del contributo del gene a questa evoluzione potrebbe aiutare a sviluppare nuovi trattamenti per le anomalie oculari. Il film offre, quindi, una visione molto affascinante di diverse questioni scientifiche ma anche di questioni filosofiche, come quelle relative all’origine della vita e alla natura della coscienza.

I Origins: un film da vedere

Sebbene Ian creda che la scienza possa spiegare tutto, dopo alcuni tragici eventi andrà alla ricerca di prove sulla reincarnazione. Il film solleva questo argomento senza cercare di dimostrare o confutare la teoria, ma piuttosto esplorando la possibilità che la coscienza possa sopravvivere alla morte del corpo. Questa teoria, infatti, non è supportata da prove scientifiche e per questo si tratta di un campo molto complesso e controverso. Tuttavia, è una credenza diffusa in molte culture del mondo. Il film non vuole fornire risposte definitive a queste domande, ma stimola il pubblico a riflettere su questioni fondamentali, senza imporre una visione precostituita, questo lo rende interessante e allo stesso tempo stimolante. I Origins invita lo spettatore a riflettere sulla natura della realtà e sul significato della vita. Nel complesso, è un film che vale la pena vedere, sia per gli appassionati di scienza che per gli amanti del cinema.

Fonti:

Grainger RM, Lauderdale JD, Collins JL, Trout KL, McCullen Krantz S, Wolfe SS, Netland PA. Report on the 2021 Aniridia North America symposium on PAX6, aniridia, and beyond. Ocul Surf. 2023 Jul;29:423-431. doi: 10.1016/j.jtos.2023.05.010. Epub 2023 May 27. PMID: 37247841.

Abdolkarimi D, Cunha DL, Lahne M, Moosajee M. PAX6 disease models for aniridia. Indian J Ophthalmol. 2022 Dec;70(12):4119-4129. doi: 10.4103/ijo.IJO_316_22. PMID: 36453299; PMCID: PMC9940591.

https://www.scienceworld.ca/stories/eyes-how/#:~:text=The%20first%20organisms%20with%20a,complex%20eyes%20we%20have%20today

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