Da sempre l’uomo si è domandato se esista un modo per allungare la durata della propria esistenza. La qualità della vita è progressivamente migliorata parallelamente all’evoluzione dell’umanità, specialmente nell’ultimo secolo, grazie all’avvento di nuove tecnologie e scoperte scientifiche che hanno contribuito ad aumentare esponenzialmente il tenore di vita. In questo articolo gerontologico analizzeremo gli aspetti psicologici, biologici, sociali e cognitivi dell’invecchiamento umano.
ASPETTATIVA DI VITA NELLA STORIA
La speranza di vita ha subito variazioni continue nel corso della storia, a seconda del periodo che si considera. Gli Egizi, i Greci ei Romani avevano un’aspettativa di vita che si aggirava intorno ai 25 anni, nel Medioevo l’aspettativa aumentò intorno ai 35 anni, nel Seicento si aggirava sui 45 anni. Con l’avvento della Rivoluzione Industriale, l’aspettativa si abbassò di nuovo a 32/35 anni, a causa delle precarie condizioni igieniche e alimentari in cui versavano le classi meno abbienti. Fino all’inizio del Novecento, la durata della vita è rimasta la stessa, ma grazie all’evoluzione in campo scientifico, medico e alimentare e all’aumento del benessere generale della popolazione, in poco più di un secolo l’aspettativa di vita conobbe una crescita notevole, arrivando fino a 73 anni nel 2019.
ASPETTATIVA DI VITA A LIVELLO GENETICO
La longevità e la degenerazione cellulare della vita sono regolate da alcuni geni. Il principale motivo dell’invecchiamento, a livello genetico, è dovuto all’accorciamento dei telomeri, ovvero le estremità protettive dei cromosomi. Essi si accorciano ad ogni divisione cellulare, portando all’arresto della proliferazione e alla senescenza cellulare.
L’invecchiamento è anche legato alla presenza di alcuni geni della longevità, come le sirtuine e il gene FOXO3:
– Le sirtuine: sono proteine che svolgono un’attività enzimatica, stimolando reazioni chimiche essenziali per l’organismo. Esse si attivano in condizioni di stress per ridurre l’attività di riproduzione cellulare e concentrare tutte le risorse nella sopravvivenza.
-Il gene FOXO3 è associato ad una maggiore durata della vita. Secondo studi [1] e [2], i soggetti in cui è stata rilevata la presenza di questo gene tende a vivere più a lungo. In generale, il gene FOXO3 è responsabile della regolazione dei vari processi cellulari e controlla anche il ciclo cellulare.
FATTORI CHE INFLUENZANO LE ASPETTATIVE DI VITA
La longevità è comunque il risultato di una combinazione di fattori come l’alimentazione e l’attività fisica, ma anche gli aspetti sociali, emotivi e mentali della vita di una persona.
Per quanto riguarda le abitudini alimentari, è noto dagli anni ‘30 che una restrizione calorica moderata allunga la vita, ed è stato dimostrato che questo avviene proprio per azione delle sirtuine.
Nuovi studi [3], [4], confermano che tipo e quantità di cibo che caratterizzano la “Dieta della Longevità” possono aumentare l’aspettativa di vita fino a 13 anni. Questa dieta è caratterizzata dall’assunzione di cibi poco calorici, ma ricchi di nutrienti importanti per la nostra salute: minerali, vitamine, polifenoli, antiossidanti che detossificano le cellule da sostanze nocive, e fibre dall’alto potere saziante. [5]
Un altro stress moderato in grado di modulare positivamente l’espressione di queste proteine è l’attività fisica non agonistica.
LA MEDICINA
Per quanto riguarda il campo medico, la ricerca innovativa sta esplorando diverse strade promettenti per estendere la longevità umana.
Nel campo della Medicina Rigenerativa, sono state esplorate due strade differenti:
- Cellule Staminali: Le terapie a base di cellule staminali potrebbero rigenerare tessuti danneggiati, come il muscolo cardiaco ei neuroni, rallentando così il declino funzionale legato all’età.
- Terapie Senolitiche: Farmaci progettati per eliminare le cellule senescenti (cellule vecchie che rilasciano sostanze infiammatorie), migliorando così la salute dei tessuti. Man mano che le strutture microscopiche essenziali falliscono, la funzione tissutale diventa progressivamente compromessa, inizialmente in modo impercettibile, ma che finisce per portare malattie e disabilità legate all’invecchiamento.
La Fondazione Ricerca SENS sta cercando di prevenire e invertire i danni legati all’età, riparando il danno al livello e nel momento in cui si verifica. Alcuni composti, come dasatinib e quercetina, stanno mostrando risultati promettenti nei modelli animali.
UNA “DIETA PER LA LONGEVITÀ”
Per quanto riguarda l’alimentazione, facciamo riferimento agli studi del dottor Valter Longo, professore e Direttore del Longevity Institute della USC (University of Southern California), che ha unito i dati di decine di studi condotti principalmente in Europa, Cina e Stati Uniti, riuscendo a elaborare la “Dieta della Longevità”. Questa dieta, nel migliore dei casi, può aumentare l’aspettativa di vita di 13 anni. Si è osservato che i maggiori benefici in termini di longevità si riscontrano con un aumento del consumo di legumi, cereali integrali (come pasta, pane e riso) e frutta oleosa (noci, mandorle, nocciole, pistacchi).
In particolare, il consumo di legumi (come fagioli, piselli, lenticchie, ceci) si rivela un fattore determinante, in quanto essi, sostituendo la carne rossa (che contiene grassi saturi e ferro eme, entrambe sostanze che, se assunte in eccesso, possono portare ad un aumento del colesterolo, a livelli elevati di insulina nel sangue e un’infiammazione del tratto intestinale), presentano livelli di ferro più bassi e un apporto di grassi saturi nullo, pur costituendo una valida fonte di proteine indispensabili per il nostro sostentamento. La dieta elaborata da Longo riduce la probabilità di cancro, diabete e malattie cardiovascolari, giocando quindi un ruolo importante nell’allungamento della vita.
Valter Longo propone, inoltre, la teoria del digiuno intermittente, una teoria ancora discussa dagli scienziati, ma completamente abbracciata dal dottor loannis Nezis, professore di biologia cellulare all’Università di Warwick (Regno Unito), il quale afferma: “La mia ricerca si concentra su come il digiuno attiva un meccanismo chiamato autofagia, che è responsabile del riciclaggio delle proteine danneggiate all’interno delle cellule”.
Nezis continua: “Questo è vantaggioso perché le cellule sono pulite e funzionano meglio”. Durante la fase di digiuno si attiva il processo di chetosi che, se avviene in limiti definiti, può avere effetti benefici, in quanto durante il processo vengono bruciati i grassi e prodotti chetoni, acidi utili come carburante per i tessuti periferici del corpo e per il cervello.
Inoltre, sempre secondo Nezis, durante il digiuno l’intestino non è impegnato nella digestione e la flora batterica è libera di rinnovarsi, con effetti futuri che includono una digestione più efficiente, ma anche miglioramenti nella funzione immunitaria, nella pressione sanguigna e nell’umore.
Un ulteriore studio condotto su 200 volontari alla Yale School of Medicine e pubblicato sulla rivista *Science*, chiamato CALERIE (Comprehensive Assessment of Long-term Effects of Reducing Intake of Energy), mostra come la riduzione dell’apporto calorico possa essere correlata a un miglioramento del sistema immunitario e a un’aspettativa di vita maggiore.
A una parte dei volontari è stato richiesto di ridurre del 14% il loro apporto calorico giornaliero, mentre l’altra parte ha continuato a seguire una dieta normale per i due anni dello studio. I partecipanti sono stati sottoposti a analisi periodiche di marcatori, con particolare attenzione al timo, una ghiandola posta nel torace che è il principale produttore delle cellule immunitarie T e un organo estremamente sensibile all’invecchiamento, motivo per cui le persone anziane sono a più alto rischio di infezioni. È stato constatato che nei volontari sottoposti a restrizione calorica era presente una maggiore produzione di cellule immunitarie e un ridotto volume del tessuto adiposo. Ulteriori analisi hanno permesso di scoprire che la proteina PLA2G7 potrebbe essere il potenziale fattore responsabile degli effetti benefici riscontrati, poiché di essa non è stata trovata traccia nei pazienti sottoposti alla dieta ipocalorica, permettendo al momento di essere più efficienti nella produzione di cellule immunitarie T e contribuendo al rallentamento del processo di invecchiamento.
DORMIRE BENE PER UNA VITA PIÙ LUNGA
Un altro fattore che influenza la longevità umana è la buona qualità del sonno.
Essa è legata, tra le altre cose, agli ormoni della fame. Ora che sappiamo quanto sia importante l’allungamento della vita sia ciò che mangiamo che quando mangiamo, possiamo capire quanto il sonno abbia un ruolo fondamentale nella nostra longevità.
Il sonno, negli esseri umani come in tutti gli animali, è regolato dal ciclo circadiano, un “orologio interno” che si ipotizza sia stato creato nelle prime proto-cellule per proteggere la replicazione del DNA dall’alta radiazione ultravioletta durante il giorno.
A livello cellulare e genetico, sono stati individuati vari geni che regolano il ciclo veglia/sonno, (BMAL1/BMAL2, CLOCK, CRY1/CRY2 e PER1/PER2/PER3).
La consapevolezza dell’importanza del sonno per il nostro benessere è diventata di dominio comune dopo l’inizio degli anni 2000, quando la creazione dei social media e lo sviluppo massiccio dei media hanno permesso un flusso immediato delle informazioni. Studi in neuroscienze, medicina e psicologia hanno dimostrato il ruolo fondamentale del sonno per la memoria, l’umore, il metabolismo e il sistema immunitario.
Nel 2017, lo scienziato Matthew Walker ha pubblicato * Why We Sleep*, in cui illustra l’importanza del sonno e la funzione del sistema glinfatico, il principale sistema di drenaggio cerebrale, che durante il sonno profondo è più attivo e rimuove le tossine dal cervello.
La neurodegenerazione (Alzheimer, Parkinson) e molte malattie cardiovascolari possono essere prevenute da una buona qualità del sonno, il quale deve essere mantenuto nel ciclo circadiano. Se non viene rispettato, come accade quando ci sono luci troppo forti che interferiscono con il ciclo sonno-veglia (ad esempio, in seguito all’uso prolungato dei dispositivi elettronici), è molto facile danneggiare la qualità del sonno stesso. Ecco che quindi anche nel processo di allungamento della vita, la qualità del sonno riveste un ruolo di importanza primaria.
In conclusione, l’allungamento della vita non è più solo un mito tramandato nei secoli, ma una concreta possibilità scientifica, frutto di studi approfonditi e multidisciplinari. L’invecchiamento umano, sebbene inevitabile, può essere influenzato e in parte modulato attraverso scelte consapevoli e stili di vita sani. L’alimentazione equilibrata, la restrizione calorica controllata, l’attività fisica regolare, il buon riposo e i progressi della medicina rigenerativa rappresentano oggi i pilastri della longevità.
Tuttavia, non si tratta solo di vivere più a lungo, ma di vivere meglio, preservando la qualità della vita anche in età avanzata. La scienza continua a esplorare nuove frontiere, ma la responsabilità personale e collettiva nel promuovere salute e benessere resta fondamentale.
Autori: Lucrezia Fioravanti, Gianluca Caputi, Niccolò Sapio, Edoardo Luzzi, Sofia Medori (L.S.S. “J.F. Kennedy” – Roma)
FONTI
[1] https://www.sigg.it/wp-content/uploads/2024/04/Foxo3.pdf
[2] https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC5403515/
[3] https://www.fondazionevalterlongo.org/longevity_articles/la-dieta-che-allunga-la-vita
[4] https://www.fondazionevalterlongo.org/longevity_articles/cambiare-la-tua-alimentazione-potrebbe-aggiungere-13-anni-alla-tua-vita-lo-dicono-gli-studisandee-lamotte-cnn
[5] https://www.fondazionevalterlongo.org/dieta-della-longevita-per-adulti
[6] Genetica e Longevità: È possibile ereditare una lunga vita?
[7] Cosa succede se non mangi più carne rossa: gli effetti sull’organismo | Dottor Salute
[8] https://www.science.org/doi/10.1126/science.abg7292
[9] Malattia degenerativa e longevità delle cellule staminali mesenchimali
[10] https://www.fondazionevalterlongo.org/digiuno-intermittente-cose-come-
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