La nostra specie è abbastanza famosa perché inquina. Inquinamento chimico, luminoso e… acustico!
E’ noto che i rumori che produciamo possano disturbare gli altri animali, sia sulla terraferma che in mare, ma un recente studio dell’Università di Bristol nel Regno Unito dimostra come queste interferenze sonore impattino pesantemente sulla comunicazione degli animali marini. Il traffico delle navi, i cantieri navali in costruzione e molte altre fonti di rumore antropiche provocano di fatto un ruggito continuo sott’acqua che va a interferire con la vita di queste specie.

In realtà non esiste l’assoluto silenzio in natura, men che meno negli oceani: ci sono molte fonti naturali di rumore nel mare e l’acqua assicura che il suono si diffonda particolarmente lontano.
Alcune creature marine ne approfittano: producono suoni per vari scopi e hanno anche le capacità uditive corrispondenti per riceverli.
I mammiferi marini sono particolarmente noti per questo: molte specie usano i loro suoni come biosonar e per la comunicazione intraspecifica.
I delfini tursiopi possono scambiarsi informazioni complesse, come dimostrano numerosi studi.
Ad esempio, esattamente come noi ci mandiamo un vocale per decidere di andare a berci un caffè o mangiare una pizza, loro si chiamano per cacciare insieme.

Ma gli stessi motivi che rendono così vantaggioso per questi animali utilizzare le loro vocalizzazioni, li rendono anche vulnerabili all’interruzione del rumore ambientale e al “disturbo “ provocato dagli umani.
Precedenti studi hanno già dimostrato che i delfini sono disturbati dal rumore subacqueo e cambiano anche le loro vocalizzazioni. Tuttavia, la ricercatrice Pernille Sørensen e i suoi colleghi hanno misurato con esattezza quanto il rumore subacqueo influisca sul comportamento comunicativo, quando i delfini devono svolgere dei compiti insieme ad altri membri del gruppo.

Per far ciò hanno avuto l’aiuto dei due delfini tursiopi “Delta” e “Reese”, già noti per le loro incredibili capacità di cooperazione: i ricercatori hanno insegnato loro a premere simultaneamente – entro un secondo – due pulsanti, in cambio di una ricompensa, posizionati sott’acqua.

Il compito degli animali è nuotare ognuno fino al proprio pulsante e schiacciarlo insieme. Perché questo sia possibile devono coordinarsi con il loro partner tramite chiamate specifiche.
Di solito riescono ad attivarsi con un ritardo inferiore a un secondo in circa l’85% dei casi. Quindi la loro percentuale di successo – che in natura corrisponderebbe ad acciuffare la preda – è alta.
Ma per lo studio attuale, gli scienziati hanno messo in gioco il rumore: durante i test, hanno causato diversi livelli di inquinamento acustico nell’acqua; altoparlanti, e un’idropulitrice i pontili, presente nei pressi della loro struttura di ricerca.
Durante gli esperimenti, Delta e Reese indossavano un dispositivo montato su una ventosa che registrava i suoni tipici della loro specie per la cooperazione.
Inoltre, i movimenti degli animali sono stati registrati in video.

Le valutazioni hanno mostrato che con l’aumentare del livello di rumore nell’acqua, i delfini aumentavano il volume dei loro richiami. Quando i carichi erano alti, letteralmente “urlavano” l’un l’altro, esattamente come facciamo noi in discoteca per parlare col vicino di tavolo.
Non solo: i delfini cambiavano anche le caratteristiche dei loro suoni, emettendo fischi più lunghi.
Oltre a questi adattamenti, gli scienziati hanno riscontrato anche un cambiamento nel comportamento del movimento, tale da migliorare la trasmissione delle informazioni attraverso il rumore: gli animali si giravano, cioè, in modo tale che il loro sistema uditivo fosse allineato al partner. Un po’ come quando noi “tendiamo l’orecchio” e mettiamo la mano a coppa attorno al padiglione auricolare.

Ma, nonostante questi meccanismi di compensazione, la comunicazione è stata notevolmente compromessa dalle interferenze: dal livello di rumore più basso a quello più alto, il tasso di successo dei delfini è sceso dall’85 al 62,5%.

Sebbene questa ricerca sia stata condotta con tursiopi che vivono in cattività, i risultati potrebbero essere adattabili anche alle popolazioni selvatiche. Popolazioni che sfruttano i biosonar per comunicare e per sopravvivere con la caccia.

Questo ci fa capire ancora una volta, come il nostro impatto sugli altri inquilini del pianeta, è quanto mai rilevante, come metta a repentaglio, anche indirettamente la sopravvivenza della nostra e delle altre specie, e dovrebbe spingerci a trovare soluzioni alternative, per vivere in armonia quanto più possibile coi nostri vicini di casa.

 

Fonte: Cell Press, Current Biology, Anthropogenic noise impairs cooperation in bottlenose dolphins, Pernille M. Sørensen, et all. 2022 
doi:10.1016/j.cub.2022.12.063