In questo periodo gli occhi della comunità scientifica sono puntati su SARS-CoV-2, il Coronavirus della pandemia in corso. Ricordiamo che per Coronavirus non si intende solo SARS-CoV-2 che sta scatenando la pandemia COVID-19, ma un’intera famiglia di virus: i “Coronaviridae”. In particolare, gli scienziati stanno anche cercando di ricostruire il percorso che ha seguito il suddetto virus, effettuando il “salto di specie”.

Che cosa si intende per “salto di specie”? Scientificamente definito CTS (Cross-Species Transmission), è il fenomeno con cui un virus introducendosi in un individuo di una specie ospite diversa da quella che è solito infettare, riesce poi a diffondersi fra le sue popolazioni. Spesso, la ragione per cui questo accade dipende dal fatto che i virus con elevati tassi di mutazione, cambiano e riescono a superare le difese immunitarie del nuovo ospite.

Alcuni esempi di CTS che interessano l’essere umano sono la SARS, l’Ebola, la rabbia, l’influenza aviaria, l’influenza suina e, a questo punto, anche COVID-19. Nel caso di quest’ultima, poco tempo fa era stata individuata una specie di pipistrello (Rhinolophus affinis) come probabile portatore, in quanto in essa era stato rinvenuto un ceppo di Coronavirus molto affine rispetto a SARS-CoV-2.

In uno studio pubblicato un paio di giorni fa, si evidenzia che il pangolino del Borneo (Manis javanica) è un altro serio candidato. Infatti, sono stati rinvenuti 2 ceppi di Coronavirus molto affini a SARS-CoV-2 in esemplari di pangolino recuperati in diverse regioni della Cina.

Perchè potrebbe essere un candidato? Perchè come i pipistrelli, anche i pangolini finiscono nei “wildlife markets” cinesi (ora chiusi dal governo), dove si vendono animali selvatici di numerose specie. In questi “markets” spesso il traffico illegale la fa da padrona, e gli animali corazzati, protagonisti di questo articolo, erano i mammiferi più contrabbandati al mondo lo scorso anno. Celebre il caso del sequestro di un carico di 14 tonnellate di squame di pangolino a Singapore (ultimo link fra le fonti).

Nonostante le leggi internazionali proibiscano il traffico di tutte le specie di questi mammiferi, in Asia risultano difficili da applicare, fondamentalmente per una questione culturale. Infatti, le squame, che compongono la corazza di questi animali, vengono ritenute terapeutiche dalla medicina tradizionale cinese e la carne è considerata una prelibatezza.

Dunque, come sottolineato anche dagli autori dello studio pubblicato un paio di giorni fa, il fatto che la pandemia COVID-19 sia esplosa potenzialmente a partire da animali selvatici a rischio d’estinzione trafficati illegalmente, si spera che decreti la chiusura definitiva di questi “wildlife markets”. Non solo, ci si augura che funga anche da propulsore per combattere con più decisione il traffico illegale e per andare incontro ad un vero e proprio cambiamento culturale, circa la percezione degli animali selvatici.

 

Fonti:
https://www.nature.com/articles/s41586-020-2169-0
https://www.nature.com/articles/s41586-020-2169-0
https://www.nature.com/articles/s41586-020-2169-0
https://www.nature.com/articles/s41586-020-2169-0