Sicuramente vi sarà capitato di bere qualcosa di alcolico. Vino, birra o cocktail poco importa, perché in tutte le bevande alcoliche è presente l’etanolo. Un bicchiere o una sbronza colossale non fa molta differenza, perché il processo attraverso cui il nostro corpo smaltisce l’alcol è lo stesso, ma non a tutti fa lo stesso effetto. Alcuni reggono solo un bicchiere, altri una bottiglia intera e qualcuno invece non riesce proprio a tollerarlo e in quel caso si definisce astemio. Perché ognuno ha una reazione diversa? Da cosa dipende? Cosa succede al nostro corpo dopo una sbronza?
Cominciamo da lui: l’etanolo.
L’etanolo è un composto chimico noto anche con il nome di alcol etilico. A temperatura ambiente è un liquido incolore con un odore molto pungente, è volatile ed estremamente infiammabile. Può essere sintetizzato in diversi modi, ma quello più comune per la produzione di bevande alcoliche è la fermentazione a partire dal glucosio presente nella frutta, nel lievito o nei cereali. Si tratta di un processo biochimico che avviene in assenza di ossigeno, da cui si ottiene etanolo che viene distillato per separarlo dall’acqua fino a una percentuale massima del 95%. I microrganismi coinvolti in questi processi non riescono a lavorare a concentrazioni elevate di etanolo, perciò quando leggete “alcol puro” non si tratta di alcol assoluto al 100%.
L’etanolo viene metabolizzato per la maggior parte dall’organismo grazie a una serie di enzimi e solo una piccola percentuale viene espulsa attraverso le urine, il sudore e l’espirazione. Una volta assunto, l’etanolo viene assorbito nello stomaco dall’enzima alcol deidrogenasi (ADH), ma solo nel fegato avviene gran parte del metabolismo perché l’ADH lì è più concentrato. Qui l’etanolo viene trasformato in acetaldeide, una molecola tossica che però ha vita breve perché viene trasformata da un altro enzima, l’acetaldeide deidrogenasi (ALDH), in acetato. Tuttavia, quando l’apporto di alcol è troppo elevato il fegato non riesce a smaltire tutto l’etanolo, quindi una parte di acetaldeide entra in circolo nell’organismo provocando un’intossicazione (la cosiddetta sbronza a cui può seguire nausea e vomito, per intenderci).
Ci sono alcuni farmaci, come il Disulfiram, che sfruttano questa reazione rallentando la trasformazione dell’acetaldeide in acido acetico e causando un accumulo di acetaldeide. In questo modo il paziente sperimenta sintomi più pesanti quando beve e questo dovrebbe spingere l’alcolista a non bere. (Solitamente si usa nel trattamento dell’alcolismo sotto lo stretto controllo del medico e con la piena collaborazione del paziente.)
Alla fine l’acetato esce dal fegato e tramite una serie di enzimi viene convertito in molecole che forniscono un apporto energetico. Quindi, se tutto va bene, il nostro bicchiere di liquore o qualsiasi alcolico beviamo viene convertito in energia per le nostre cellule o accumulato in grasso.
Gli enzimi ADH e ALDH sono presenti in concentrazioni e forme diverse in ogni individuo a seconda dell’età, genere ed etnia e questo influenza la capacità di ciascuno di reggere o meno l’alcol. Altri fattori coinvolti possono essere la massa corporea, le dimensioni del fegato e i geni che regolano la formazione di questi enzimi. Questo spiegherebbe perché non tutti tollerano l’alcol allo stesso modo e la capacità di una persona di resistere meglio agli effetti collaterali del proprio cocktail preferito. Gli effetti collaterali più comuni sono: arrossamenti, vampate di calore, tachicardia, stordimento, mal di testa, fino a sintomi più eccessivi come vomito, diarrea e difficoltà respiratorie.
Che cosa scatena questi sintomi? Perché ci sentiamo così quando beviamo un alcolico?
L’etanolo disidrata l’organismo perché induce la produzione di urina andando a reprimere la vasopressina, un ormone che normalmente stimola il riassorbimento dell’acqua a livello renale. In questo modo avviene una grande perdita di acqua che provoca sete, sonnolenza e mal di testa a causa della perdita di liquidi e di sali minerali. Infatti bisognerebbe bere molta acqua sia durante che dopo il consumo di alcolici per ridurre questo effetto.
Inoltre, sarebbe preferibile bere a stomaco pieno perché l’alcol stimola i succhi gastrici e l’unico modo per contrastare la secrezione gastrica è l’ingestione di cibo. Infatti l’acetaldeide deidrogenasi e l’alcol deidrogenasi si attivano “a stomaco pieno”, ovvero i processi digestivi “accendono” il funzionamento dei due enzimi. Ecco perché chi beve a stomaco vuoto, in genere, se la passa molto peggio di chi consuma alcol durante o dopo un pasto.
E l’affaticamento, la debolezza, la confusione mentale?
Durante il metabolismo dell’etanolo interviene un’altra molecola, il cofattore NAD+ (nicotinammide adenina dinucletotide), importante per alcune reazioni specifiche e che, a sua volta, è coinvolto anche nella scissione del glucosio. Dal momento che il NAD+ è impegnato nella degradazione dell’alcol, è necessario rigenerarlo attraverso altre vie metaboliche, così il fegato non fa in tempo a rifornire di glucosio i tessuti, in particolare il cervello. Questa mancanza di zuccheri contribuisce a sintomi quali affaticamento, debolezza, sbalzi d’umore e diminuzione dell’attenzione e della concentrazione. Da qui la confusione mentale con effetti che possono colpire anche la memoria.
Non esiste una ricetta per il dopo sbronza, anche se girando in rete si trovano tanti consigli e rimedi fai da te. Tra questi c’è chi preferisce bere caffè amaro, altri aggiungono il limone nel caffè o si prende direttamente un analgesico per alleviare i sintomi. Alla fine non conta quanto si beve, perché il nostro corpo metterà in atto tutte le reazioni necessarie anche per una sola goccia di alcol. L’unico modo per evitare tutto ciò? Non bere! Almeno ora sapete quanta scienza si nasconde dietro un cocktail.
Fonte
- https://www.niaaa.nih.gov/alcohols-effects-health/alcohols-effects-body
- https://www.britannica.com/science/alcohol/Sources-of-alcohols
- https://www.open.edu/openlearn/mod/oucontent/view.php?id=83424§ion=2.2
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