di S. Manfredini e F. Marino

Si parla tanto, in questi primi giorni del 2018, di sacchetti di plastica e plastica biodegradabile.

Vediamo di approfondire un po’ il tema della plastica, dell’impatto ambientale, delle bioplastiche e delle nuove norme per la loro introduzione.

 

La plastica

La plastica è un materiale organico costituito da lunghe catene (dette polimeri) di molecole semplici, le quali ne costituiscono l’unità base. A seconda della molecola che costituisce queste catene abbiamo varie tipologie di plastica, con differenti proprietà chimiche e meccaniche.

Se prendiamo in considerazione i discussi e ormai scomparsi sacchetti di plastica sottile tipici del reparto ortofrutticolo vedremo che essi sono costituiti da un sottile film di PoliEtilene, indicato con il simbolo “PE” oppure con il numero “02” (che specifica che il polietilene è “ad alta densità”, a differenza di quello indicato con il numero “04” che invece è a bassa densità e ha una consistenza più “morbida”.

Il polietilene è la più semplice e diffusa delle materie plastiche essendo costituita – lo dice il nome stesso – da ripetizioni di (-C2H4-)n, ottenute in un processo di polimerizzazione a partire dall’etilene, a sua volta un derivato del petrolio.

Questo tipo di plastica, economica e versatile, trova impiego in numerosissimi oggetti e prodotti di uso quotidiano, dai flaconi alle taniche, ai giocattoli, ai tubi, ai mobili da esterno.

Il PE, insieme al PoliPropilene (PP), PoliEtilene Tereftalato (PET) e Cloruro di PoliVinile (PVC) – che insieme costituiscono la stragrande maggioranza delle plastiche in commercio- sono facilmente riciclabili: il riciclo prevede la raccolta e suddivisione per tipo (e talvolta colore) dei materiali. Successivamente, le plastiche vengono purificate da materiali contaminanti, fuse e nuovamente estruse in pellet per permetterne il riutilizzo.

 

L’impatto sull’ambiente

La plastica è uno dei materiali più utilizzati nel mondo, si stima che la produzione mondiale sia attualmente pari a quasi 300 milioni di tonnellate annue.

Quasi il 40% di questa produzione è costituita da PE [1]. Molta plastica tuttavia non viene riciclata (o distrutta) ma viene invece dispersa nell’ambiente: si stima che ogni anno 8 milioni di tonnellate di materie plastiche siano disperse negli oceani.

Secondo un rapporto dell’UNEP (Programma Nazioni Unite per l’Ambiente) del 2009, la percentuale di sacchetti di plastica sul totale dei rifiuti in mare corrisponde all’8,5% – subito dopo le bottiglie di plastica (9,8%).

Fonte immagine: commons.wikimedia.org/wiki/File:1682478-poster-1280-plasticbags.jpg

Le plastiche sono resistenti e in natura possono impiegare dai 100 ai 600 anni per essere totalmente degradate (principalmente ad opera dei raggi UV provenienti dal Sole).

Nel frattempo però l’azione meccanica tende a frammentare i rifiuti in particelle di dimensioni inferiori al millimetro: queste particelle possono facilmente entrare nella catena alimentare e inquinare tutto l’ecosistema marino e non.

L’impatto ambientale di questo tipi di rifiuti si può anche tradurre sia come pericolo di ingestione da parte degli animali marini, sia come possibile rilascio di sostanze pericolose, inquinando l’acqua e sedimentando sul fondo (con successivo annientamento degli organismi che vi vivono) [2]; non ultimo, la contaminazione di queste sostanza, entrando nella catena alimentare, costituisce un rischio anche per la salute umana.

 

Biodegradabile o Bioplastica?

Con il termine bioplastiche si può intendere una famiglia di prodotti che soddisfi la caratteristica di biodegradabilità (processo chimico con cui l’ambiente riesce a convertire il materiale in sotto-sostanze come acqua, anidride carbonica e compost) o biobased (ovvero prodotta da materiali rinnovabili o biomasse quali sostanze vegetali/cellulose) [3].

Fonte immagine: european-bioplastics.org/bioplastics/

I requisiti che le nuove buste devono soddisfare sono descritti nella norma europea EN 13432:2002 (entrata in vigore col decreto italiano a inizio 2018) [4] e definiscono anche il tempo massimo con cui il materiale deve degradarsi (almeno il 90% entro 6 mesi, diversamente dalle centinaia di anni menzionate prima)[5]

Oltre a ridurre gli impatti già descritti delle plastiche ottenute con combustibili fossili, ulteriori vantaggi che si possono annoverare sono la riduzione di emissione di gas serra grazie a un minor uso e spreco di combustibili fossili.

 

Riconoscere i sacchetti giusti

A garanzia del consumatore, come tutti i prodotti conformi ad uno standard, anche i sacchetti riportano dei loghi di certificazione.

Lega Ambiente ha avviato la campagna “#UnSaccoGiusto” per sensibilizzare sul riconoscimento dei sacchetti usati da un supermercato, dal momento che viene denunciata la presenza della criminalità organizzata nella diffusione di confezioni non conformi [6].

https://www.legambiente.it/unsaccogiusto/

Una busta biodegradabile deve infatti riportare:

  • la dicitura Biodegradabile e Compostabile
  • La scritta di conformità allo standard UNI EN 13432:2002
  • il marchio di un ente certificatore

 

Conclusioni

Il problema dei sacchetti non è sicuramente il solo che produce un impatto sull’ambiente, ma come è stato evidenziato ha comunque dato un contributo importante alla contaminazione del suolo, di mari e dei relativi ecosistemi.

Si parla spesso di sensibilizzare e di responsabilizzare ad uno stile di vita più ecologico, uno dei modi più efficaci per spingere al raggiungimento di questi nobili obiettivi sono gli standard e le relative norme che ne seguano l’applicazione.

La gestione dei rifiuti ed il relativo impatto ambientale restano un problema ancora irrisolto e i passi da compiere sono ancora tanti (già solo sul discorso sacchetti resta il punto aperto della biodegradabilità delle etichette [7]);

l’importante è prendere coscienza di quale sia la direzione da prendere e seguirla tutti assieme.

S. Manfredini, F. Marino

 

Fonti

[1] L’industria delle plastiche

https://committee.iso.org/files/live/sites/tc61/files/The%20Plastic%20Industry%20Berlin%20Aug%202016%20-%20Copy.pdf

[2] Impatto delle buste di plastica, report dell’ARPA
https://www.arpae.it/cms3/documenti/_cerca_doc/mare/RN_Rapporto_plastica_mare.pdf

[3] Bioplastiche e plastiche in generale

http://docs.european-bioplastics.org/2016/publications/fs/EUBP_fs_what_are_bioplastics.pdf

[4] Legge di introduzione dei nuovi sacchetti

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/12/17G00139/sg

[5] Riassunto della norma EN 13432

https://it.m.wikipedia.org/wiki/EN_13432

[6] Come riconoscere i sacchetti, l’iniziativa di LegaAmbiente

https://www.legambiente.it/unsaccogiusto/

[7] Per ulteriori approfondimenti, specialmente sul piano dei consumatori:

https://www.altroconsumo.it/alimentazione/fare-la-spesa/news/2018/sacchetti-biodegradabili