Negli ultimi giorni, come ad ogni pubblicazione riguardante i Campi Flegrei, numerose testate giornalistiche hanno rilasciato articoli estremamente sensazionalistici in cui si paventa un’imminente eruzione di questa caldera.
Tutto questo clamore è sorto lo scorso 15 Maggio quando è stato pubblicato su Nature Communications un nuovo articolo di ricerca, prodotto da un gruppo di ricercatori dell’INGV e della University College of London. In questa pubblicazione viene esposta una nuova metodologia per poter prevedere le eruzioni di vulcani quiescenti attraverso un’analisi comparativa degli eventi sismici e delle deformazioni subite dal suolo. In questo studio, particolare attenzione è stata rivolta all’analisi dello sforzo a cui possono essere sottoposte le rocce in relazione allo sforzo massimo sostenibile, oltre il quale tutto il sistema vulcanico potrebbe entrare in eruzione.
Le rocce, quando sottoposte a sforzi che producono piccole deformazioni, si comportano in modo elastico ovvero si deformano proporzionalmente all’intensità dello sforzo subito e, all’eliminazione di quest’ultimo, recuperano la loro forma originale. Tuttavia, oltre una certa soglia di sforzo, il comportamento delle rocce diventa di tipo elasto-fragile e possono fratturarsi. Aumentando ulteriormente gli sforzi, la roccia si comporta unicamente in modo fragile, producendo numerose fratture in grado di connettere le zone profonde della caldera alla superficie, innescando così un evento eruttivo. Monitorando e studiando l’andamento simultaneo delle deformazioni e della sismicità si è quindi in grado di comprendere l’evoluzione del sistema da un comportamento elastico ad uno fragile.
I ricercatori hanno applicato tale approccio al caso dei Campi Flegrei, analizzando il fenomeno del bradisisma (periodico abbassamento e sollevamento del suolo di una zona vulcanica) che da centinaia di anni interessa questa zona campana. Dal 1950 ad oggi sono avvenuti 3 principali episodi bradisismici che hanno prodotto un sollevamento di oltre 4 metri nel porto di Pozzuoli e circa 26.000 terremoti.
In un’area come i Campi Flegrei, in cui si hanno ricorrenti fenomeni di sollevamento, il modello mostra come ogni ulteriore episodio bradisismico vada ad influenzare un sistema già modificato dagli sforzi prodotti dagli eventi precedenti. Questo comporta un’evoluzione del sistema molto più complessa e maggiormente critica, in quanto ciascun momento deformativo può seguire un cammino diverso.
Una volta che il sistema vulcanico ha subito grandi deformazioni cumulative è possibile che possa evolvere verso una completa fratturazione e, quindi, verso una probabile eruzione. In particolare, è stato possibile quantificare l’entità del sollevamento oltre il quale il sistema vulcanico potrebbe entrare in regime fragile e aumentare le probabilità di un evento eruttivo. Il sollevamento calcolato è compreso tra 6,25 e 12,5 metri, valori minori rispetto ai 17 osservati prima dell’ultima sua eruzione avvenuta nel 1538 (Eruzione del Monte Nuovo). Questa discrepanza potrebbe essere dovuta a diversità nelle caratteristiche meccaniche delle rocce deformate o alla presenza di meccanismi che possano ridurre la resistenza.
Una corretta applicazione di questo modello rende, tuttavia, necessario una buona conoscenza del reale stato fisico delle rocce nelle profondità del sottosuolo flegreo, in modo da comprendere quanto il sistema vulcanico sia vicino al punto critico. Per poter raggiungere questo obiettivo è necessario effettuare perforazioni profonde, utili per poter campionare e indagare le proprietà meccaniche non elastiche delle rocce nelle zone profonde del sistema.
In conclusione, l’area flegrea sta subendo in questo periodo sollevamenti non legati all’intrusione di nuove masse magmatiche nelle porzioni poco profonde della caldera, contrariamente a quanto è accaduto nel periodo 1982-1984. L’assenza di magma in queste zone è infatti testimoniata dalle evidenze geochimiche dei fluidi emessi dalle fumarole e dal particolare andamento delle deformazioni del terreno: si è infatti notato come negli ultimi anni sono avvenuti fenomeni di sollevamento e abbassamento del terreno non imputabili ad un magma in risalita. Tuttavia, l’attenzione deve continuare a rimanere alta poiché possibili future intrusioni di magma potrebbero produrre nuovi sollevamenti, maggiori rispetto a quelli osservati durante la crisi degli anni 70′-80′.I Campi Flegrei sono pur sempre una delle aree vulcaniche più a rischio del pianeta.
Di F. Mu.
Fonti e approfondimenti:
- Articolo su Nature Communications: https://goo.gl/uKSEs6
- Articolo su INGV comunicazione: https://goo.gl/PGhgo8
- Articolo su G3 (AGU pubblications): https://goo.gl/CT5KEw
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