La capacità, in alcune specie di cuculo, di forzare un’altra specie di uccello ad accettare di allevare un pulcino non proprio è ottenuta con una combinazione di comportamenti distruttivi indiscriminati oppure mirati nei confronti delle vittime.
Molti menbri della famiglia delle Cuculidae sono caratterizzate dal particolare comportamento riproduttivo chiamato Parassitismo di covata, in cui le femmine del parassita depositano le loro uova nel nido di un ospite. I pulcini sono quindi allevati dagli involontari genitori adottivi, risparmiando a quelli naturali il costo delle cure parentali.
Ma per quale motivo la vittima accetta di allevare un pulcino non suo, con il danno che ne consegue in senso riproduttivo? Nella prima fase le femmine di cuculo sfruttano un meccanismo abbastanza semplice: producono uova che imitano quelle della specie ospite . Il cuculo comune europeo (Cuculus canorus), per esempio, è suddiviso in gruppi detti gentes. Dato che ogni gens è adattata a imitare le uova di un particolare ospite, tanto più l’imitazione è accurata tanto più i pulcini nati da quell’uovo avranno possibilità di sopravvivere e riprodursi a loro volta. Quindi, alla fine, la selezione naturale produce imitazioni pressoché perfette.
Più difficile è capire come possa, più tardi, il genitore adottivo continuare a occuparsi di un piccolo chiaramente non suo; che alcune volte diventa addirittura più grande degli adulti della specie ospite (basti vedere l’esempio ritratto nell’immagine). Una delle teorie più diffuse era che i pulcini di cuculo esprimessero dei caratteri infantili così efficaci, nel sollecitare l’istinto genitoriale della vittima, da impedirle di abbandonarli anche dopo essersi accorta dell’inganno. Ma un paio di anni fa alcune ricerche hanno messo in luce una strategia molto meno sottile: i cuculi distruggerebbero i nidi e le covate delle specie parassitate laddove queste rifiutano il pulcino non loro, un modo di fare che gli stessi autori delle ricerche hanno definito coloritamente “mafioso”.
Nel periodo trascorso dalla scoperta la validità evolutiva delle rappresaglie è stata esaminata a livello ecologico e matematico, per mezzo della teoria dei giochi, dimostrando che le ritorsioni possono facilitare la sopravvivenza e la riproduzione dei cuculi ai danni delle specie prese di mira.
Il tallone d’Achille della strategia consiste però nel costo necessario, per chi la attua, nel sorvegliare e colpire i nidi delle vittime riottose; un costo che può arrivare a inficiare il risparmio di tempo e energie ottenuto scaricando su altri le cure parentali dei propri piccoli.
Maria Abou Chakra, Christian Hilbe e Arne Traulsen, rispettivamente del Max Planck Institute for Evolutionary Biology (Germania), dell’Università di Harvard (USA) e dell’IST austriaco (austria), hanno provato a immaginare scenari alternativi in cui i comportamenti distruttivi dei parassiti di covata fossero giustificati da ulteriori vantaggi, oltre a quelli apparentemente ovvi ottenuti intimidendo i propri bersagli.
I ricercatori si sono basti sull’ecologia di due uccelli parassiti di covata i cui pulcini, a differenza di quelli del cuculo comune, non uccidono immediatamente i fratelli adottivi (Il Cuculo dal ciuffo: Clamator glandarius, e Il Vaccaro testabruna Molothrus ater). Questo comportamento permette ai genitori colpiti, pur con molte più difficoltà, di portare all’età adulta anche qualcuno dei loro figli nel caso accettino il pulcino parassita.
Hanno poi considerato che il rifiuto di un pulcino non proprio non è l’unica contromossa messa in atto dagli uccelli presi di mira dai cuculi: un altro comportamento difensivo consiste nel sincronizzare le covate, in modo che in un dato momento siano presenti più nidi di quanti sono i cuculi che tentano di parassitarli. Se la specie colpita mette in atto questa contromossa può diventare conveniente mettere in atto la strategia “dell’allevatore”: distruggere indiscriminatamente alcuni nidi, e costringere i loro proprietari a ricominciare da capo, senza nessun altro scopo che de-sincronizzare la riproduzione dell‘ ospite.
Includendo nel modello matematico la strategia dell’allevatore gli autori hanno ottenuto uno scenario non del tutto stabile, ma che consente in ogni momento al parassita di riprodursi senza andare incontro a costi eccessivi:
Una popolazione di cuculi composta in parte da allevatori e in parte da intimidatori crea sempre le condizioni perché nella specie colpita si riproducano più efficacemente gli individui che accettano, in qualche modo, il parassita piuttosto che quelli che lo respingono. A causa della selezione naturale reciproca, poi, gli uccelli oscillano tra allevamento e intimidazione, nel caso dei parassiti; e tra accettazione incondizionata e condizionata (accettare il pulcino parassita solo dopo aver subito una rappresaglia) tra gli uccelli colpiti. I parassiti di covata non hanno altro che da fare che adattarsi, nel corso di generazioni, ad attacchi indiscriminati oppure mirati, ma con la certezza, nel secondo caso, che un solo attacco sarà sufficiente ad ottenere collaborazione. Mentre sono gli stessi attacchi a creare, di riproduzione in riproduzione, vittime adattate ad essere remissive.
Un lavoro degno del miglior allevatore umano che con la selezione artificiale plasma gli animali domestici nelle formo che preferisce e una dimostrazione che la nostra azione non fa altro che ricalcare, anche se con un fine, quello che può avvenire, ed è già avvenuto, in natura senza nessun altro fine che sopravvivere e trasmettere ai figli i propri geni. [DP]
BIBLIOGRAFIA
Abou Chakra M, Hilbe C, Traulsen A. 2016
Coevolutionary interactions between farmers and mafia induce host
acceptance of avian brood parasites.
R. Soc. open sci. 3: 160036. http://dx.doi.org/10.1098/rsos.160036
Scrivi un commento