Finalmente! Era ora! Mancava solo lui. Anche il kilogrammo, dal 20 Maggio, ha una definizione accettabile. Sia chiaro: non dovete buttare le vostre bilance. Un kilo resta un kilo, ma adesso è più fancy.

Fino a qualche giorno fa, cos’era un kilogrammo? Era La massa (la massa, non il peso, ricordatevi, sono diversi) di un particolare cilindro di Platino-Iridio depositato all’Ufficio internazionale dei pesi e delle misure in Francia. La materia che ci circonda, però, ha il brutto vizio di cambiare: qualche molecola può staccarsi, può semplicemente ossidarsi, cambiare forma grazie a qualche raggio cosmico. Piccole variazioni di cui, di solito, nessuno si preoccupa. Però quando si vuol definire un’unità di misura si deve essere estremamente precisi, non ci si possono permettere nemmeno piccolissime variazioni. La soluzione? Utilizzare più campioni, tenuti nelle migliori condizioni di isolamento possibile, e utilizzarli tutti insieme per diminuire la variazioni statistiche.

Così, però, il problema non viene risolto, e, per le misure di precisione, serve che il kilogrammo sia definito in maniera immutabile. La soluzione è quella di fissarlo sulla base di processi estremamente precisi, oppure di qualche costante fisica, che, di natura, è costante. Così è stato fatto per il secondo, definendolo grazie alla transizione da un livello energetico all’altro dell’atomo di Cesio, o con il metro, ora lo spazio percorso dalla luce nel vuoto in un tempo brevissimo.

Insomma, l’obiettivo era prendere il chilogrammo e collegarlo in qualche modo ad una costante fisica. La soluzione prevede un complicato sistema di specchi e leve quantistici, una bilancia di Watt e la costante di Planck. Cerchiamo di capire come si mischiano gli ingredienti.

La costante di Planck indica la minima quantità di energia trasportabile da una radiazione elettromagnetica per unità di frequenza. Insomma, un’onda elettromagnetica è fatta da piccoli pacchetti (i famosi quanti) di energia, ognuno dei quali trasporta hν energia, dove ν è la frequenza dell’onda ed h, appunto, la costante di Planck. Una costante fondamentale dell’universo sembra un ottimo punto di partenza.

Il passo successivo è tentare di collegarla al chilogrammo. La costante di Planck appare in contesti puramente quantistici, quindi è necessario entrare in questo mondo, assai ingarbugliato, per dare un senso al tutto. La via da percorrere è quella della bilancia di Watt. Questo oggetto (anche noto come bilancia di Kibble) funziona più o meno come i bilancini della nonna, quelli con i bracci, in cui su un piatto metti quello che vuoi pesare e sull’altro una serie di campioncini, fino a trovare l’equilibrio.

Il campioncino necessario per trovare l’equilibrio, però, stavolta non è un pezzettino di ferro, ma si usa una bobina percorsa da corrente, immersa in un campo magnetico. Grazie all’interazione tra campo magnetico e corrente, sulla bobina si sviluppa una forza, che dipende strettamente dai loro valori. Variando la corrente fino a raggiungere l’equilibrio, stiamo facendo l’equivalente di aggiungere o sottrarre campioncini nella bilancia della nonna. Alla fine con questo strumento si riesce a passare da una massa ad una corrente elettrica. Perfetto, ma h ancora non è apparsa da nessuna parte.

Questo perché non siamo ancora entrati nel reame quantistico, necessario per far spuntar fuori la costante di Planck. Ed ecco che entrano in gioco l’effetto Hall quantistico, insieme all’effetto Josephson. Combinando questi due effetti, che prevedono superconduttori a bassissime temperature, per misurare la differenza di potenziale indotta dalla corrente nella spira, riusciamo finalmente a saltare nell’infinitamente piccolo, avendo tutti gli ingredienti.

Alla fine con questo complesso meccanismo di specchi e leve quantistici è stato utilizzato per pesare un chilogrammo, vedere “quante costanti di Planck era” e cambiare la definizione, finalmente.

Bilancia di Watt

Come potete aver notato, ora il nostro kilogrammo è pesantemente più complesso. D’altronde, quando si entra nella stessa meccanica quantistica che ha un gatto sia vivo che morto, cosa ci si può aspettare? I benefici, però, sono enormi. Non c’è più un oggetto su cui basarsi, un laboratorio dotato delle strutture adatte può fare i suoi conti utilizzando la perfetta definizione di kilogrammo, senza dover arrivare in Francia a prendere uno dei cilindri conservati in atmosfera controllata. In più non ci dobbiamo più preoccupare che questo valore vari nel tempo: la costante di Planck quella è e quella rimarrà.

Come se non bastasse, ora abbiamo un kilogrammo molto più elegante. Ce lo possiamo immaginare con uno smoking, che va finalmente agli eventi importanti insieme ai suoi fratelli di Sistema Internazionale.

 

Fonti:

https://aip.scitation.org/doi/full/10.1063/1.4953825