Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito a una diminuzione della natalità dovuta anche a un calo della fecondità, come dimostrano le previsioni demografiche. Infatti, si stima un aumento della percentuale di invecchiamento entro il 2050 a livello mondiale. Secondo i dati, una coppia su cinque non riesce a procreare per vie naturali. I motivi potrebbero essere molteplici, ma tra questi incide molto che negli ultimi 30 anni l’età media del concepimento in ambo i sessi sia aumentata di quasi 10 anni e gli stili di vita siano cambiati al punto da danneggiare la fertilità. 

Spesso, erroneamente, si tendono ad associare i problemi di infertilità maggiormente alla donna ma in realtà dipendono da entrambi, circa il 40% delle cause di infertilità riguardano prevalentemente la componente femminile, l’altro 40% riguarda la componente maschile ed un 20% invece è di natura mista.

 

Tutt’oggi una buona parte dei casi di infertilità maschile sono classificati come idiopatici cioè senza causa apparente, non vi è una spiegazione. Tra le diagnosi più note e diffuse c’è l’azoospermia, cioè l’assenza di spermatozoi nel liquido seminale; l’oligospermia che invece consiste nella riduzione del numero di spermatozoi o, ancora l’astenospermia che è caratterizzata dalla riduzione di motilità degli spermatozoi. Potrebbero poi esserci anche altre cause legate ad eventuali anomalie nella morfologia.

 

Da cosa può dipendere tutto ciò? Da errori durante la spermatogenesi, il processo di produzione degli spermatozoi; da problemi durante le varie divisioni cellulari, o durante la formazione delle gonadi maschili e ghiandole annesse, ma anche da patologie a carico dell’apparato riproduttore e non si esclude la componente genetica.

 

Che cosa si intende per componente genetica? Si intende l’insieme dei fattori genetici che possono influenzare un determinato carattere. A tal proposito sono stati fatti numerosi studi per dimostrare che i geni hanno un ruolo chiave nell’infertilità. In uno studio recente, sono stati messi a confronto circa 185 pazienti infertili con i loro genitori non affetti, allo scopo di controllare che non ci fosse stata una trasmissione da parte dei genitori. In seguito ad un’analisi sono state riscontrate mutazioni “de novo”, cioè mutazioni presenti per la prima volta nei pazienti e totalmente assenti nel corredo genetico dei genitori, che non sono state ereditate ma sono il frutto di un evento nuovo che potrebbe essere trasmesso alla prole.

 

Alcune di queste mutazioni hanno alterato proteine rare che sono state classificate come le possibili responsabili della diagnosi di infertilità, perché molti di questi geni avevano perso la loro funzione. In particolare, nei pazienti infertili hanno identificato delle alterazioni in un gene che regola la maturazione dell’RNA messaggero delle cellule germinali maschili, mentre nei controlli sani non erano presenti.

 

I risultati ottenuti indicano nuovi geni candidati che influenzano la fertilità. Questo, in futuro, potrà migliorare la resa diagnostica e aiuterà a comprendere meglio le possibilità di trasmissione alle coppie che cercano un trattamento.

Fonti

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_2083

https://www.nature.com/articles/s41467-021-27132-8