Un gruppo di ricerca del Regno Unito ha dimostrato la possibilità di realizzare piccoli generatori in grado di produrre corrente elettrica sfruttando l’attività di decomposizione dell’urina da parte dei batteri. Il dispositivo è stato inoltre ottenuto sostituendo la maggior parte dei materiali costosi, come il platino, con altri a costo bassissimo derivati dal trattamento della materia organica (come ad esempio gli scarti alimentari).
Il mondo ha sempre più bisogno di fonti di energia prodotte senza liberare carbonio nell’atmosfera e con un basso impatto inquinante. Inoltre molte aree povere o isolate del pianeta non sono raggiunte, o sono raggiunte in maniera solo intermittente, da una fornitura di energia elettrica; con l’impossibilità di utilizzare anche quei dispositivi elettronici che richiederebbero solo una piccola quantità di corrente.
Lo sfruttamento delle biomasse presenti nei liquami di origine umana o animale sarebbe una fonte di energia interessante e neutra dal punto di vista dell’emissione di carbonio. L’uso dei prodotti dell’escrezione per produrre elettricità avrebbe l’ulteriore vantaggio di fornire ottimi fertilizzanti, ricchi in fosforo, azoto organico e potassio; ed eliminare nel contempo i rischi sanitari legati a queste sostanze e i relativi costi di smaltimento.
Le celle a combustibile sono dispositivi in cui la trasformazione chimica di alcune sostanze produce direttamente elettricità, a differenza di ciò che accade nella produzione della maggior parte della corrente elettrica che consumiamo. Nelle centrali infatti, normalmente, materia ricca di energia, come il carbone, viene bruciata (reazione chimica) per produrre un’energia meccanica (vapore) trasformata solo in un secondo momento in elettricità per mezzo di turbine; con una grande perdita energia sprecata in forma di calore.
Saltando un passaggio, le celle a combustibile possono usare più efficientemente l’energia presente nella materia che degradano, ma indurre le reazioni chimiche necessarie a far funzionare la cella non è sempre facile, specialmente nel caso delle complicate molecole prodotte dagli esseri viventi.
Per fortuna da milioni di anni esistono già dei microscopici esserini che si occupano di svolgere questo complicato lavoro: sono i batteri che sopravvivono decomponendo la materia vivente morta per riportarla ai componenti minerali da cui era stata prodotta.
Da un certo tempo i ricercatori si sono accorti della possibilità di convertire le energie prodotte durante i loro processi vitali dai batteri in energia elettrica facendone crescere delle colonie sugli elettrodi di una cella a combustibile. Questo processo può essere utilizzato per creare dei sensori ambientali sfruttando la sensibilità dei batteri alle condizioni chimico-fisiche. Di recente, tuttavia, è stato sempre più perfezionato anche per ottenere correnti elettriche piccole, ma sufficienti a far funzionare dei dispositivi elettronici.
L’estrazione di energia dalle molecole organiche presenti nelle deiezioni tramite celle a combustibile microbiche, rispetto ad altri possibili processi di utilizzo delle energie da biomassa, come fermentazioni o produzione di gas, presenta l’ulteriore vantaggio di ridurre il volume dei prodotti di scarto (come i fanghi da depuratore) e di poter essere svolta a temperatura e pressione ambiente.
Il maggiore limite al trasferimento di questa tecnologia dal laboratorio è stato finora rappresentato dal costo dei materiali necessari a produrre la cella, come il platino e altri metalli preziosi; e dalla perdita di efficienza al crescere delle dimensioni del dispositivo, che ne rende impossibile tanto un utilizzo industriale, quanto anche solo un uso in un contesto di medie dimensioni come può essere un’area agricola. Ma ora Jon Chouler e i suoi colleghi, delle università inglesi di Bath, Londra e Bristol, hanno pubblicato sulla rivista scientifica Electrochimica Acta i risultati di una ricerca che promette di migliorare l’efficienza e il costo di questi dispositivi in vista di un loro possibile utilizzo commerciale. Gli autori hanno creato dei piccoli dispositivi in grado di produrre una corrente elettrica degradando l’urina. Primo obiettivo della ricerca era ridurre i costi di produzione, per questo motivo al posto del platino sono stati testati vari catalizzatori a basso costo prodotti a partire dal materiali organici. I dispositivi erano in più prodotti utilizzando colture batteriche commerciali già utilizzate, per esempio, per le fermentazioni di liquami svolte dai depuratori. Per superare il problema della scala i ricercatori hanno proposto, invece di un’unica grande cella, tante piccole celle disposte in serie, come le pile dei normali apparecchi elettrici. Chouler e colleghi hanno esaminato l’effetto della forma e della dimensione della cella con l’idea, In prospettiva, di realizzare molte celle di dimensioni molto piccole, possibilmente microscopiche, costruite con le tecniche attualmente impiegate per produrre le apparecchiature elettroniche: una superficie altamente tecnologica che inizia a produrre elettricità se viene posta a contatto con l’urina.
Forse la tecnologia delle celle a combustibile batteriche, almeno per il momento, non ci illuminerà la casa di notte; ma un giorno potremmo avere la certezza di un cellulare o un tablet sempre funzionanti portandoci dietro un caricabatterie a pipì. [DP]
BIBLIOGRAFIA
Jon Chouler, George A. Padgett, Petra J. Cameron, Kathrin Preuss, Maria-Magdalena Titirici, Ioannis Ieropoulos, Mirella Di Lorenzo.
Towards effective small scale microbial fuel cells for energy generation from urine
Electrochimica Acta Volume 192, 20 February 2016, Pages 89–98. doi:10.1016/j.electacta.2016.01.112
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