Nell’immaginario comune quando si parla di invecchiamento riproduttivo si pensa subito alle donne con la menopausa: un momento biologico in cui si interrompe la capacità riproduttiva con l’avanzare dell’età. Di meno si sente parlare della controparte maschile cioè l’andropausa (o “menopausa maschile”), una condizione che comporta cambiamenti ormonali legati all’età, come ad esempio il calo graduale del testosterone e un declino di alcune funzioni riproduttive.
Pur non esistendo un momento netto e improvviso come la menopausa femminile, anche gli uomini subiscono con l’età una serie di modificazioni: riduzione della produzione ormonale, minore qualità dello sperma, l’aumento di mutazioni genetiche nei gameti e un aumento del rischio di trasmettere mutazioni o problemi ai figli.
Questa non è solo una scoperta scientifica, è anche un nuovo modo di considerare la fertilità maschile. Per anni si è pensato che la fertilità maschile durasse “per sempre”, ma le porte della scienza sono infinite e oggi, alla luce dei nuovi studi, sappiamo che:
- Il DNA degli spermatozoi invecchia con l’età: infatti, in una ricerca1 sono stati analizzati e confrontati i campioni di DNA degli spermatozoi degli stessi donatori a distanza di decenni. La vera innovazione è stata quella di riuscire a quantificare il numero di mutazioni e scoprire che queste aumentano progressivamente, circa 5 × 10⁻¹⁰ per base all’anno, anche se la struttura delle cellule staminali che producono gli spermatozoi resta sorprendentemente stabile.
In pratica, il genoma maschile continua a “cambiare” nel tempo, e questo può aumentare il rischio di trasmettere mutazioni ai figli. - Anche l’epigenetica2 conta: perché non si tratta solo di mutazioni, infatti con l’età si modificano anche i meccanismi epigenetici degli spermatozoi, ossia quei sistemi che regolano quali geni vengono “accesi” o “spenti”. Queste variazioni colpiscono in particolare geni legati allo sviluppo cerebrale e al metabolismo, aprendo interrogativi sul possibile impatto della paternità tardiva sullo sviluppo fetale.
- La qualità degli spermatozoi diminuisce con l’età: con l’avanzare degli anni diminuisce la motilità e la vitalità degli spermatozoi, mentre aumenta il rischio di frammentazione del DNA. Gli studi3 clinici mostrano che l’età paterna avanzata è associata a una minore probabilità di concepimento, a un leggero aumento del rischio di aborto spontaneo e di alcune malattie genetiche nei figli e questi dati diventano più evidenti oltre i 40-45 anni.
Sebbene l’andropausa sia più lenta e silenziosa rispetto alla menopausa femminile, gli uomini non sono immuni all’orologio biologico della fertilità. Conoscere questi cambiamenti è fondamentale perché permette agli uomini di prendere decisioni consapevoli riguardo alla paternità, di adottare stili di vita più salutari e, se necessario, di ricorrere a strategie di preservazione della fertilità. Allo stesso tempo, a livello scientifico, lo studio dei meccanismi molecolari dell’invecchiamento spermatico apre la strada a interventi mirati. La ricerca futura potrà così sviluppare strumenti in grado di quantificare il rischio individuale e ottimizzare le probabilità di concepimento sano anche in età avanzata.
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