Fino a 30 anni fa veniva insegnato, purtroppo anche a scuola, che il sistema nervoso è una cosa statica, che nasce e muore, senza crescere; che i nervi una volta feriti, non si rigenerano più. 

Per fortuna non è così e, se sappiamo la verità, lo dobbiamo ad una grande scienziata: Rita Levi-Montalcini. 

A lei si deve la scoperta del fattore di crescita neuronale (NGF) ma non solo: la sua è anche una bella storia di scienza, amore, lotta e tenacia che ora vi raccontiamo. 

Rita nasce a Torino nel 1902 da una famiglia molto interessante: il padre, Adamo Levi, è ingegnere elettrotecnico e matematico e la madre, Adele Montalcini, è pittrice. Ha un fratello, una sorella e una sorella gemella. 

Siamo ancora nei primi del ‘900 e il padre di Rita ha delle idee molto precise sul ruolo della donna come moglie e madre e di quello che avrebbe dovuto fare sua figlia.

Nonostante ciò, Rita decide di studiare medicina all’Università di Torino e sceglie proprio questa facoltà perché profondamente colpita dalla scomparsa della loro governante morta di tumore. 

Si laurea a pieni voti 6 anni dopo e decide di specializzarsi in neurologia e psichiatria. 

La sua carriera andava a gonfie vele, ma la storia ci insegna che quelli non erano affatto anni tranquilli. 

Nel 1938 arrivarono le leggi razziali; Rita era ebrea sefardita, così, con tutta la sua famiglia, sono costretti ad emigrare in Belgio, dove lei trova anche il suo maestro, Giuseppe Levi, con il quale inizia a lavorare ad un progetto sulla rigenerazione dei neuroni. 

Poi il Belgio viene invaso dai nazisti, e sia Rita che Giuseppe Levi devono quindi scappare e si ritrovano a Torino. 

Rita Levi-Montalcini non poteva piú frequentare l’Università a quel punto, ma non voleva comunque abbandonare le sue ricerche e decide di allestire un mini laboratorio casalingo, con Giuseppe Levi come suo assistente. In quel periodo, questa famosa scienziata stava facendo la storia della ricerca rubando degli embrioni di pollo, ovvero pulcini, estirpandone gli arti e studiandone la rigenerazione; il tutto in un piccolissimo laboratorio fatto in casa. 

No, non provateci nemmeno a fare lo stesso! 

Ma non finisce qui. 

Nel 1941 Torino viene bombardata e i Levi-Montalcini devono di nuovo spostarsi nella tenuta della sorella vicino ad Asti, dove Rita ricostruisce ancora una volta il suo laboratorio. 

Ma duró poco. I  nazisti invadono l’Italia e tutta la famiglia è costretta a spostarsi verso il Sud; ma viene fermata a Firenze dove sono costretti a nascondersi di casa in casa per sopravvivere all’olocausto. 

In quegli anni la ricerca di Montalcini si ferma e lei comincia un altro tipo di lotta entrando in contatto con le forze partigiane del Partito d’Azione. 

Siamo nel 1944 e gli alleati liberano l’Italia. Così Rita si unisce al fronte medico anglo-americano, ma capisce subito che non è la sua vocazione: un lavoro estremamente duro, sia fisicamente che mentalmente. Meglio i pulcini. 

Infatti, nel 1946 viene invitata in America, al Dipartimento di Zoologia della Washington University, dove puó proseguire le sue ricerche sugli embrioni di pollo, ma con un upgrade: comincia ad innestare delle cellule tumorali laddove veniva rimosso l’arto. I risultati sono sorprendenti: qualcosa rinasceva dall’amputazione. 

Poi, nel 1954 inizia a collaborare con il suo allievo biochimico Stanley Cohen, e insieme scoprono l’esistenza di una nucleoproteina tumorale in grado di stimolare la proliferazione delle fibre nervose. Questa proteina si chiama NGF (neuronal growth factor), e permette ai due scienziati di vincere il premio Nobel per la Medicina nel 1986. 

Finisce qui? No, ancora no. 

Rita Levi-Montalcini nella sua vita ha ricevuto numerosi incarichi e onorificenze: dall’essere nominata ambasciatrice della FAO, alla medaglia per l’onore scientifico conferita dal presidente americano Ronald Reagan, a senatrice a vita della Repubblica italiana. 

Rita Levi-Montalcini ha rappresentato una svolta importante per il progresso della medicina Neurodegenerativa. Ad oggi ancora si scoprono nuove cose sul NGF, nuovi meccanismi e nuove malattie neurodegenerative in cui questa proteina è coinvolta, come ad  esempio l’Alzheimer. 

Ma Rita Levi-Montalcini non è stata solo questo; è stata anche un esempio, un modello per tanti scienziati che hanno lottato per poter seguire le proprie ambizioni. Soprattutto è stata un modello per giovani e donne; famose sono le sue interviste in cui parla direttamente ai giovani. 

A noi piace ricordarla con questa frase: “Il cervello: se lo coltivi funziona. Se lo lasci andare e lo metti in pensione si indebolisce. La sua plasticità è formidabile. Per questo bisogna continuare a pensare.”