“Conosci il tuo nemico” dichiarava il generale Sun Tzu ne “L’arte della guerra”. Ma cosa fare quando il nemico riesce a nascondersi o a tenere celata la propria identità? E’ un problema che migliaia di ricercatori si sono posti durante lo studio delle malattie neurodegenerative.

Queste ultime, pur essendo estremamente diverse tra loro, presentano un denominatore comune: il lento e progressivo deperimento delle capacità cognitive e delle abilità motorie del paziente. Tale aspetto, unito all’elevata percentuale di persone colpite dal morbo di Alzheimer, dalla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) o dal morbo di Parkinson, ha concorso a creare nell’opinione pubblica e nella comunità scientifica, un clima di giustificato allarme, a cui si tenta di reagire con soluzioni terapeutiche sempre più all’avanguardia. Ma per combattere efficaciemente nemici tanto pericolosi, bisogna prima conoscerli e distinguerli gli uni dagli altri.

Nel caso di questi disturbi, la diagnosi avviene prevalentemente misurando le capacità cognitive dei pazienti, la presenza di molecole anomale e la perdita di neuroni nel sistema nervoso centrale. Essendo tuttavia il cervello in grado di rimpiazzare parzialmente le cellule perdute e di adattarsi alla sopraggiunta condizione patologica, risulta chiaro come una corretta diagnosi possa rivelarsi complicata da effettuare. Bisognerebbe trovare delle molecole reperibili per qualità e quantità solo in specifici stati patologici, delle vere e proprie impronte digitali delle malattie in grado di discriminarle le une dalle altre. In ambito biomedico, queste impronte sono chiamate biomarker e possono rappresentare la chiave di volta per smascherare questi subdoli nemici.

Una classe di biomarker piuttosto promettente in neuropatologia è rappresentata dai micro-RNA (miRNA), molecole chimicamente identiche all’RNA messaggero. Mentre quest’ultimo media il processo di formazione delle proteine, i mattoni della vita, a partire dalle istruzioni per il loro assemblaggio contenute nel DNA, i miRNA hanno però una funzione di controllo e regolazione. Essi sono infatti lunghi solo 21-25 nucleotidi e possono legarsi specificamente a molecole di RNA messaggero degradandolo o comunque impedendone la traduzione e quindi la formazione della relativa proteina. Poiché i miRNA possono essere rilevati in tutti i fluidi biologici e poiché essi sono presenti in elevata concentrazione nel cervello, non sorprende che i ricercatori abbiano pensato di utilizzarli in chiave diagnostica.

Alcune ricerche dimostrano come questo approccio si stia rivelando, per ora, davvero vincente. Uno studio di Kumar e colleghi ha infatti evidenziato come la presenza di miRNA-7, un tipo di miRNA circolante rinvenuto nel plasma, permetta di distinguere i pazienti malati di Alzheimer dai pazienti sani con un’accuratezza del 95%. Un altro studio, questa volta inerente al morbo di Parkinson, ha invece analizzato il profilo di espressione di cellule mononucleate presenti nel sangue periferico di 19 pazienti e 13 controlli, rilevando 18 miRNA sottoespressi nei malati. Sono stati inoltre rilevate modificazioni significative nell’espressione dei micro-RNA miR-1, miR-22-5p e miR-29 nei pazienti malati di Parkinson rispetto ai soggetti sani. Questi incoraggianti risultati aprono la strada all’utilizzo dei miRNA come biomarker e aggiungono una nuova arma a disposizione degli scienziati nella difficile lotta contro le malattie neurodegenerative. [VF]

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FONTI:
Biochim Biophys Acta. 2010 Nov;1803(11):1231-43. doi: 10.1016/j.bbamcr.2010.06.013. Epub 2010 Jul 7.
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Date: 26 November 2015
Circulating microRNAs in Disease Diagnostics and their Potential Biological Relevance-Circulating microRNAs in Neurodegenerative Diseases
Margherita Grasso, Paola Piscopo, Alessio Crestini, Annamaria Confaloni, Michela A. Denti
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First online: 25 November 2015
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Circulating miRNAs as Biomarkers for
Neurodegenerative Disorders
Margherita Grasso Paola Piscopo ,Annamaria Confaloni, Michela A.Denti