Tra gli integratori più consumati in USA e Europa ci sono le capsule all’olio di pesce, spesso consigliate come ottima fonte di omega-3.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Dietro il business miliardario degli integratori di olio di pesce ci sono leggende, notizie false e poca -troppo poca- considerazione dell’impatto ambientale delle nostre scelte.

Perché l’olio di pesce?

Tutto inizia probabilmente da un’idea geniale di un farmacista norvegese Peter Möller. Durante la rivoluzione industriale, nel 1800, con l’aumentare delle fabbriche e dell’urbanizzazione, in Europa comincia a diffondersi il rachitismo, una malattia che colpisce bambini e adolescenti causando debolezza delle ossa.

La causa primaria del rachitismo è una carenza di vitamina D, per malnutrizione o per scarso accesso alla luce del sole.

Peter Möller fece uno più uno e, dato che il fegato di alcuni pesci è ricco di vitamina D, decise che somministrare olio di fegato di merluzzo fosse la soluzione a questa nuova piaga. Riuscì così a creare un prodotto a base di pesce che però non sapesse di pesce e che poteva essere somministrato a chiunque, anche se non a rischio di rachitismo.

Questa pratica è andata avanti per anni, fino ad oggi. Ma il motivo per cui si usano gli integratori all’olio di pesce non è più tanto per la vitamina D, ma piuttosto per l’alto contenuto di Omega-3 e per questo vengono consigliati soprattutto a chi soffre di ipercolesterolemia, o problemi cardiaci.

Ma ci sono delle cose da sapere su questi integratori prima di andare a colpo sicuro e assumerli. 

1- Hanno un sapore strano. Direte voi “Ovvio, sanno di pesce!”. Ma chi li utilizza avrà forse notato che qualche volta il sapore e l’odore sono piú rancidi del solito. Non è solo una questione di gusti, ma di chimica. 

Quando questi integratori hanno un sapore o odore rancidi, meglio stare attenti. Quell’odore acreè dato da una reazione chimica di ossidazione. L’olio di pesce è facile da ossidare perché per arrivare fino al bancone della farmacia segue una lunga catena che per esempio parte dalla pesca in Sud America, passa per la spremitura, la distillazione in Cina, l’impacchettamento in USA o UK e poi la distribuzione. Dato che per ossidarsi basta un po’ di aria o luce, è facile che in tutti questi passaggi qualcosa vada storto. Infatti uno studio rivela che almeno 1 capsula su 10 siano ossidate con livelli di ossidazione oltre la soglia consentita.

Fa male? Beh, bene non fa. Ma ancora non si hanno dati sull’effetto del prodotto rancido sull’uomo, ma è noto che una volta ossidato il prodotto perde le sue proprietà benefiche diventando…inutile!

2- C’è chi ci guadagna e chi ci perde. Da dove proviene tutto questo prodotto? L’olio che utilizzava Peter Möller veniva dal merluzzo che però ora non si utilizza più. Ora l’olio viene estratto dall’acciuga peruviana Engraulis ringens.

La pesca di acciughe peruviane è la più abbondante al mondo in termini di biomassa, con quattro milioni di tonnellate di pescato ogni anno al largo delle coste del Perù.

Ma questo ha un prezzo. L’impatto ambientale di questo business colpisce sia a livello locale che su scala globale.

Il principale porto in cui vengono raccolte le acciughe e trasformate in olio si trova nella città di Chimbote, a nord di Lima. Da quando questo mercato ha spopolato, sono nate sempre più fabbriche che riempiono la città di fumi di scarico. Chimbote è una città normale, non solo industriale, con famiglie, scuole e ospedali. Non poche persone si sono ammalate a causa dell’inquinamento causato dalle emissioni della fabbrica; senza contare l’odore insopportabile di pesce che ha abbassato nettamente la qualità della vita dei cittadini.

Inoltre, le fabbriche scaricano rifiuti liquidi nel mare nella baia di Chimbote tanto che ora alcune parti sono ricoperte da una chiazza nera viscida dove non cresce né fauna né flora.

Ma come detto sopra, ne risentiamo anche in scala globale. La pesca delle acciughe peruviane, anche se regolamentata, non è scevra di errori e rischi. Infatti vengono spesso pescati avannotti (pesci giovani) che, se sottratti alla popolazione, non potranno riprodursi, creando sempre un maggiore calo delle nascite di questa specie. Inoltre le tecniche di pesca utilizzate spesso non sono selettive e purtroppo insieme alle acciughe vengono pescati anche altri animali, pesci, cetacei, tartarughe, alcuni dei quali in via d’estinzione. Parentesi triste: i cetacei, come i delfini, se rimangono incagliati nelle reti, hanno elevate probabilità di morire soffocati; ne muoiono così circa 300000 all’anno.

Ci sono delle alternative piú sostenibili però. Una di queste propone di sostituire le acciughe con il krill, dei piccoli crostacei che sono alla base dell’alimentazione per molti altri animali marini e costituiscono un pilastro della vita acquatica; per questo molti biologi conservazionisti si sono opposti all’idea, e si opporranno al business con la guerra se questo prenderà piede. Un’alternativa molto piú sostenibile e vegetariana  invece sarebbe utilizzare le alghe; infatti non sono i pesci a sintetizzare gli omega-3, ma li assumono attraverso la dieta dalle alghe (micro- e macroalghe) contenenti questi acidi grassi; quindi perché non andare direttamente alla fonte? L’impatto ambientale sarebbe molto ridotto di certo, in particolare se si sfruttasse l’acquacoltura di microalghe eventualmente geneticamente modificate per aumentare la produzione di acidi grassi.

3- Gli effetti benefici sulla salute. Come detto sopra, l’ingrediente principale dell’olio di pesce, ovvero il motivo per cui viene utilizzato, sono gli Omega3. 

Gli Omega-3 sono degli acidi grassi polinsaturi (PUFA) con una struttura chimica particolare, e se ne conoscono principalmente 3 categorie: ALA, EPA, DHA e sono le sigle che troverete negli integratori.

Questi particolari composti hanno dimostrato in diversi studi di essere associati a degli effetti benefici come la prevenzione di malattie cardiovascolari riducendo la quantità di lipidi in circolo, e il colesterolo.

Ma siamo così sicuri che funzionino? Di recente uno studio di metanalisi (analisi di tantissime altre analisi) ha messo in discussione alcuni di questi risultati.

La conclusione della ricerca sostiene infatti che gli effetti benefici sulle malattie cardiovascolari dell’assunzione di omega-3 non sono così evidenti come si pensava.

Negli studi in vitro e in vivo su modelli animali, gli omega-3 ancora mostrano risultati importanti nell’attivazione della risposta infiammatoria e nel metabolismo di lipidi, e ci sono ancora sperimentazioni cliniche sull’uomo che mostrano come l’assunzione di alcuni integratori di questo tipo blocchino la crescita dei valori di HDL (il “colesterolo cattivo”). Ma studi più recenti mettono in discussione questi risultati evidenziando una scarsa associazione tra la diminuzione di colesterolo e l’azione dei PUFA nell’uomo; in alcuni casi si evidenzia anche l’aumento di LDL-C, una lipoproteina che trasporta il colesterolo. 

Va inoltre tenuto conto del fatto che gli integratori in questione, mancano di altri micro e macro alimenti presenti invece nel pesce fresco, come ad esempio la Vitamina D e altri minerali fondamentali. In uno studio del 2017 pubblicato sulla rivista Nature, vengono messi a confronti gli effetti dell’alimentazione con pesce fresco con l’utilizzo degli integratori. Dopo aver valutato livelli di trigliceridi, colesterolo LDL e HDL e pressione sanguigna, i risultati indicano che si hanno effetti leggermente migliori con il consumo del pesce fresco piuttosto che con gli integratori. 

Quindi, per concludere, sugli integratori a base di olio di pesce possiamo dire che forse i loro superpoteri sono stati un po’ pompati. 

Se presi per ridurre il colesterolo e i trigliceridi, sappiate che ci sono alternative piú gustose e più efficaci. Una di queste, per esempio, è l’utilizzo di probiotici: dei batteri buoni in grado di vivere nel nostro intestino e mangiarsi il colesterolo per noi.

La brutta notizia è che esiste il rischio di rimanere intossicati da prodotti ossidati che non sono stati mantenuti correttamente.

Dopo tutto questo, sarete in fila per comprare capsule di olio di pesce date le alternative sul piatto?