Cosa hanno in comune Ludwig van Beethoven, Barbara Streisand, Jimi Hendrix e Pippo Baudo? Alla lista si potrebbero aggiungere diversi altri nomi più o meno noti che hanno scoperto di possedere questa caratteristica più o meno per caso.
Stiamo parlando dell’”orecchio assoluto”, ovvero della capacità di riconoscere esattamente la frequenza di una nota senza nessun tipo di riferimento. Per queste persone il riconoscimento di una nota è naturale come il riconoscimento di un colore.
L’orecchio assoluto è una dote misteriosa e di conseguenza provoca meraviglia e interrogativi: da cosa dipende questa caratteristica? Si tratta di una capacità innata o acquisita? Uno studio pubblicato su “Journal of Neuroscience” cerca di rispondere.
McKetton e colleghi (gli autori dello studio) hanno coinvolto 61 volontari in una sperimentazione. I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi:
- musicisti dotati di orecchio assoluto,
- musicisti senza orecchio assoluto ma con un’esperienza musicale simile ai primi, e
- persone con competenze musicali minime, che rappresentavano il gruppo di controllo.
I volontari sono stati sottoposti a test uditivi e, contemporaneamente, a scansioni di risonanza magnetica funzionale: una tecnica di imaging che consente di evidenziare le aree cerebrali attivate mentre si svolge un determinato compito.
In particolare è stata studiata la corteccia uditiva, ovvero l’area della corteccia cerebrale che riceve ed elabora le stimolazioni uditive che arrivano dall’orecchio. I neuroni nella corteccia uditiva sono organizzati in strutture note come mappe tonotopiche. Ogni frequenza attiva una mappa tonotopica specifica.
Gli autori dello studio hanno identificato tre sottoaree della corteccia uditiva: le regioni primaria, rostrale e rostro-temporale. Ciò che è emerso, è che nei musicisti con orecchio assoluto le regioni primaria e rostrale erano più ampie rispetto agli altri due gruppi, costituiti rispettivamente da musicisti senza orecchio assoluto e soggetti di controllo; tra questi due ultimi gruppi non c’erano differenze di rilievo. Il dato osservato è che quelle aree hanno mappe tonotopiche ad ampio spettro, in grado cioè di attivarsi con frequenze piuttosto diverse degli stimoli uditivi.
Lo studio, condotto su un gruppo piccolo di persone, conclude che l’orecchio assoluto è correlato a specifiche caratteristiche dell’anatomia cerebrale, che sono indipendenti dall’esperienza musicale del soggetto.
Quando si parla di orecchio assoluto ci riferiamo a due componenti cognitive: una percettiva di codifica fine dei suoni e una di memoria associativa, quella cioè che permette in questo caso di assegnare un nome ad un suono (ad esempio “la”), oppure di saperlo riprodurre sullo strumento. L’esperienza musicale quindi gioca comunque il suo ruolo nell’esercizio di questa capacità davvero particolare!
Fonte:
https://www.jneurosci.org/content/39/15/2930
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