E’ stato il terremoto che ci ha unito. Una sintonia che in quei drammatici giorni del sisma d’Emilia del 2012 è risuonata chiara e si è protratta a lungo. Lui sui terremoti aveva tanto da dire, e in quegli anni parlava molto, era uno degli esperti più autorevoli ed accreditati. Lo faceva in maniera non conformista, accattivante, intelligente, tanto da saper affascinare chiunque lo ascoltasse.
Sapeva coinvolgere e raccontare con passione la sua, la nostra, amata Scienza. Ci colpiva la sua umanità, la sua modestia, la sua capacità di saper vedere nelle macerie la prospettiva di una ricostruzione saggia. Era un uomo saggio Marco, un uomo che aveva fiducia verso la Scienza.
Ce lo presentò Gilberto Bonaga, era suo amico.
Assieme organizzammo diversi eventi, ricordiamo ancora oggi con un sorriso l’ultima volta che dopo un evento all’università di Bologna siamo andati a bere qualcosa in piazza Verdi.
Il sole era già tramontato e la sera stava calando, la piazza si stava riempiendo di vita e Marco disse che Bologna è molto bella e che sarebbe ritornato volentieri.
Siamo rimasti che non era un addio, ma un arrivederci.
Purtroppo ci sbagliavamo.
Di lui finora ci restano gli insegnamenti.
Ci ha insegnato ad aprire gli orizzonti, a muoversi e andare dove accadono le cose.
Che la scienza deve essere divulgazione ma anche empatia.
Che per avvicinarci ai cittadini bisogna lavorare con loro, come lui collaborava attivamente con il progetto Io non rischio con la Protezione civile, per dirne uno.
Perché parlare di scienza non basta, bisogna fare attività concrete e lui le faceva con il suo lavoro, i convegni a cui partecipava, il suo blog e le attività che seguiva.
Non era mai fermo, non si stancava mai di studiare, elaborare, confrontarsi e divulgare.
Solo la malattia lo ha fermato, e noi restiamo attoniti a fare i conti con il dolore della sua prematura perdita e l’orgoglio di averlo conosciuto.
[AC]
Scrivi un commento