Il clima é cambiato, il tempo é scaduto.

La ventiseiesima edizione dell’annuale Conference of Parties (COP26), letteralmente “Conferenza delle Parti”, inizia questa settimana a Glasgow (Scozia), in collaborazione tra Regno Unito e Italia. La conferenza si tiene un anno dopo la data inizialmente prevista, a causa della pandemia di COVID-19, e si prefigge obiettivi a dir poco ambiziosi. Della COP abbiamo già parlato qualche mese fa in occasione del rientro degli USA nell’Accordo di Parigi, ma forse è il caso di rinfrescare l’argomento. 

In sintesi, la COP viene organizzata ogni anno dal 1995 dalle Nazioni Unite, nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici di origine antropica (cioè causati dalle attività umane). Sul ruolo preponderante del genere umano nei cambiamenti climatici ormai ci sono pochi dubbi: la quasi totalità degli studi  al riguardo lo conferma [1]. La consegna del Premio Nobel a due scienziati che hanno dedicato la loro carriera allo studio del clima [2], oltre che al Prof. Giorgio Parisi, è un ulteriore segno della solidità di questi risultati.

L’ultimo risultato importante della COP è stato proprio l’Accordo di Parigi del 2015, ratificato da quasi tutti i paesi del mondo. Il processo che ha portato all’approvazione dell’accordo è stato un capolavoro di sintesi e diplomazia, dato l’enorme sforzo servito a conciliare le diverse posizioni dei vari paesi. La gravità delle misure incluse nell’accordo non hanno precedenti nella storia della lotta globale ai cambiamenti climatici. Tuttavia, la parte veramente difficile inizia adesso. Infatti, gli aspetti chiave dell’accordo [3] richiedono che alle promesse seguano i fatti, ma questi al momento latitano.

IMMAGINE: Indicatore dell’aumento della temperatura media globale previsto nel 2100, in base all’obiettivo dell’Accordo di Parigi (1,5°C), alle promesse dei singoli paesi (+2,4°C) e alle emissioni attuali (2,9°C), più una stima “ottimistica” (+2°C). Preso da Climate Action Tracker [4] .

In base alle simulazioni effettuate dagli attuali modelli climatici, le emissioni attuali ci porteranno a quasi 3°C di aumento della temperatura media globale rispetto al periodo pre-industriale, cioè prima che le attività umane iniziassero a emettere grandi quantità di gas serra nell’atmosfera. 

Le promesse dei paesi aderenti all’Accordo di Parigi mirano a limitare l’aumento di temperatura a 2,4°C. Purtroppo questo non è sufficiente [5], perché ogni punto decimale conta. Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici), un aumento superiore a 2°C comporta infatti enormi rischi per noi, sia a livello sociale che economico. Un maggior numero di eventi estremi, anche causati dall’aumento di temperatura globale, si sta già verificando; molti di questi sono collegati alle attività umane [6], come il recente aumento degli incendi e delle ondate di calore in varie parti del mondo. Per tutte queste ragioni, l’IPCC ha pubblicato un apposito rapporto [7] sull’importanza di non superare la soglia di 1,5°C, che è appunto il principale obiettivo della COP. 

IMMAGINE: Cambiamento della distribuzione dell’anomalia di temperatura globale in vari decenni, mostrando l’aumento di valori estremi nella parte “calda” del grafico (qui una versione video). Preso da NASA Scientific Visualization Studio [8].

Un rapporto più recente [9] dello stesso IPCC (qui un video-riassunto in lingua inglese) calca ancora di più la mano sul ruolo delle attività umane nei cambiamenti climatici e sull’importanza di agire in fretta per mitigare le conseguenze più gravi, dato che siamo già arrivati a 1°C di aumento. Purtroppo, la latitanza dei governi e dei principali attori economici sul tema sta portando alla luce un nuovo fenomeno che gli psicologi chiamano “ansia da clima”, soprattutto fra i più giovani [10]. 

In questo scenario, la COP26 inizia con un enorme carico di responsabilità. Mai la consapevolezza riguardo al problema è stata maggiore, ma c’è sicuramente il timore che anche questa occasione vada perduta. 

Timore peraltro fondato, dato che dopo la piccola riduzione causa pandemia [11], le emissioni di gas serra hanno ultimamente ricominciato a galoppare [12].

E’ quindi importante che noi continuiamo a giocare il nostro ruolo di cittadini e consumatori nel chiedere maggiori iniziative da parte di governi e aziende. 

Mai come in questo caso, siamo tutti sulla stessa barca.