Il trapianto di sole cellule gliali sane allunga significativamente la vita e rallenta la comparsa di sintomi invalidanti in topi geneticamente predisposti per sviluppare una versione sperimentale della malattia di Huntington umana.
La còrea di huntington è una malattia che causa la perdita della coordinazione del corpo con la comparsa di movimenti involontari (da cui il nome còrea che significa danza) quindi, progredendo, disturbi psichiatrici progressivamente sempre più gravi. Compare normalmente tra i 35 e i 45 anni d’età ed è incurabile, portando alla morte i pazienti, mediamente, entro 20 anni dalla comparsa dei primi sintomi.
La malattia è causata dalla mutazione di una proteina chiamata Huntingtina, la cui funzione fisiologica nei soggetti sani risulta in parte sconosciuta, anche se l’eliminazione del gene che codifica il suo equivalente nei topi risulta sempre letale: i topi modificati nascono morti e con anomalie al cervello.
La proteina normale contiene un tratto nel quale viene ripetuto da 6 a 35 volte l’aminoacido glutammina. Ma nei soggetti malati le ripetizioni diventano da 36 a 250. L‘aumento delle ripetizioni causa sintomi più gravi e un esordio più precoce.
Ogni essere umano, come tutti i mammiferi, ha due copie di ogni suo gene, una ereditata dalla madre e una dal padre; ma basta che una persona abbia una sola versione mutata tra i suoi due geni per l’hungtintina per sviluppare la malattia (che è definita per questo in genetica medica autosomica dominante). La dominanza della malattia fa si che ogni persona malata abbia avuto, normalmente, almeno uno dei due genitori affetti a sua volta e che abbia il 50% di probabilità di avere figli ammalati.
Il principale ostacolo alla ricerca di terapie contro la malattia di Huntington, come di altre che colpiscono il sistema nervoso, è rappresentata dal fatto che i neuroni, le cellule del tessuto nervoso che regolano i movimenti e, negli animali con comportamenti più complessi come l’essere umano, il pensiero, sono perenni: nascono e si sviluppano durante il periodo trascorso dal feto nell’utero o, al più, durante la prima infanzia. Negli adulti i neuroni presenti continuano ad essere in maggioranza quelli ereditati da questo periodo, mentre la formazione di nuovi neuroni è molto limitata e insufficiente a rimpiazzare quelli costantemente persi con l’avanzare dell’età. Se una persona nasce con neuroni portatori di un gene malato, avrà quindi per il resto della sua vita quegli stessi neuroni, che non possono essere sostituiti.
Tuttavia i neuroni non sono le uniche cellule del sistema nervoso, che è composto anche da un tipo di cellule chiamate gliali. Fino a poco tempo fa le cellule gliali erano ritenute una parte passiva di nervi e cervello, destinate solo a nutrire i neuroni e a liberarli dai loro prodotti di scarto. Lo stesso termine glia deriva etimologicamente da un termine greco che significa “colla”; dato che i primi anatomisti le consideravano destinate solo a tenere uniti i neuroni.
Da diversi anni però, gli scienziati che fanno ricerca sul sistema nervoso e i suoi disturbi si sono accorti che le cellule gliali hanno un ruolo molto più attivo di quanto finora ritenuto; con la capacità di regolare il funzionamento dei neuroni e le loro interazioni.
Forti di queste informazioni Abdellatif Benraiss, dell’università di Rochester (USA), e i suoi collaboratori di altre università statunitensi e danesi hanno pensato di studiare gli effetti della glia sul decorso della malattia di Huntington su modelli animali sperimentali. I risultati della ricerca si sono guadagnarsi un posto in una prestigiosa rivista del gruppo Nature.
Nella prima parte dell’esperimento i ricercatori hanno iniettato cellule staminali umane nel cervello di topi neonati geneticamente modificati per non rigettare i trapianti, ma per il resto normali. Le cellule umane erano tutte selezionate per potersi dividere e sviluppare dando origine solo a cellule gliali; una parte di esse era sana, mentre le altre erano portatrici di un gene mutato per la còrea. In breve tempo le cellule gliali dei topi sono state sostituite da altre derivate dalle staminali umane. Ma mentre gli animali che avevano ricevuto cellule sane non mostravano particolari sintomi; quelli con cellule gliali portatrici di Huntington sviluppavano sintomi motori e comportamentali simili a quelli tipici della malattia, per quanto meno gravi.
Dato che le cellule gliali potevano produrre sintomi nei topi sani, nella seconda parte dell’esperimento i ricercatori hanno cercato di stabilire se valesse anche il principio contrario, se cellule gliali sane fossero in grado di mitigare i sintomi della còrea. Per rispondere a questa domanda i ricercatori hanno utilizzato topi portatori di una versione fortemente mutata (con 120 ripetizioni di glutammina) della proteina equivalente all’Huntingtina umana. Questi animali sviluppano presto i sintomi tipici della malattia e hanno una speranza di vita media di 20 settimane, contro gli 1-2 anni dei topi normali. Gli autori hanno suddiviso in due un gruppo di questi topi, provenienti dalle stesse nidiate, infondendo alla nascita in uno dei due sottogruppi le staminali gliali umane sane.
I topi in cui era stata effettuata l’infusione mostravano, con l’avanzare dell’età, un maggior controllo sui loro movimenti e una minore degenerazione mentale, con la capacità di risolvere i test che venivano loro sottoposti meglio e più a lungo rispetto ai topi che non avevano ricevuto l’iniezione. I topi che avevano ricevuto le staminali umane sane, in più, vivevano in media 12 giorni in più di quelli dell’altro sottogruppo.
È importante ricordare che i ricercatori incaricati di esaminare le capacità fisiche e mentali dei topi nelle varie parti dell’esperimento non erano a conoscenza del gruppo cui appartenevano gli animali che stavano testando e non potevano così essere fuorviati da eventuali speranze o pregiudizi.
L‘esperimento è un’ulteriore prova che le cellule gliali sono molto più della colla inerte in base a cui hanno ricevuto il nome e che possono arrivare a fare, anche per la nostra salute, quello che spesso i neuroni non possono. [DP]
BIBLIOGRAFIA
Benraiss, A. et al.
Human glia can both induce and rescue aspects of disease phenotype in Huntington disease.
Nat. Commun. 7:11758 doi: 10.1038/ncomms11758 (2016).
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