Il 2024 si avvia ad essere, ormai con certezza quasi matematica, l’anno più caldo di sempre. Secondo il Servizio Climatico Europeo Copernico supereremo anche la soglia del grado e mezzo al di sopra dei livelli pre-industriali, vale a dire del periodo 1850-1900. È la prima volta che questo avviene per un periodo di 12 mesi [1], va detto però che affinché si consideri superato il limite imposto dagli accordi di Parigi, l’anomalia di 1 grado e mezzo deve risultare sulla media di periodo di 20 o 30 anni [2]). Ogni decimo di grado in più porta con sé un rischio maggiore di eventi atmosferici estremi come alluvioni, grandinate, inondazioni, siccità, frane e ondate di calore. Il 2024 sta presentando il conto in questo senso, pensiamo alle alluvioni in Emilia Romagna, Valencia, India, Brasile, Polonia e Germania. È difficile attribuire un singolo evento al cambiamento climatico, ma in realtà per quanto riguarda la loro frequenza e la loro intensità il trend è chiaro. Per esempio, uno studio del World Weather Attribution ha concluso che il cambiamento climatico di origine antropica ha raddoppiato la possibilità che eventi come quelli avvenuti a Valencia si verifichino, aumentando inoltre l’intensità delle piogge del 12% [3].
Un altro studio del World Weather attribution ha concluso che il cambiamento climatico rende più probabili uragani di categoria 4 come Helene, che si è abbattuto sulla Florida di recente, aumentando l’intensità di venti e piogge [4].
L’Organizzazione Meteorologica Mondiale inoltre riporta che tra il 1970 e il 2019 i disastri climatici sono aumentati di ben cinque volte [5].
Tutto ciò si traduce in un maggior rischio per l’incolumità delle persone ed in consistenti danni economici. Ogni anno, nonostante i progressi, sono ancora decine di migliaia le morti dovute al clima. Nel 2022 invece le perdite economiche originatesi a seguito degli eventi estremi ammontano allo 0,83% del Prodotto Interno Lordo mondiale, con particolare impatto sui paesi meno sviluppati [6]. Da questo si capisce come le catastrofi pongano un freno allo sviluppo economico.
In questa situazione diventa quindi importante proteggere le persone, i loro beni e le attività economiche da eventi climatici estremi sempre più probabili.
Per questo motivo il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres nel 2022 ha presentato l’iniziativa “Early Warning for All”, la quale punta a fornire entro il 2027 l’intera popolazione mondiale da sistemi salvavita chiamati MHEWS: Multi-Hazard Early Warning System. Sistemi in grado di conoscere e anticipare i rischi, fornendo informazioni tempestive alla popolazione e attraverso i quali è possibile mettere in atto azioni rapide per soccorrere la popolazione e mitigare i danni [7].
L’UNDRR (United Nations Office for Disaster Risk and Reduction) definisce i MHEWS come segue [8]:
“Un sistema integrato di monitoraggio dei pericoli, previsione e predizione, valutazione del rischio di catastrofi, sistemi e processi di attività di comunicazione e preparazione che consente a individui, comunità, governi, aziende e altri di adottare misure tempestive per ridurre i rischi di catastrofi prima che si verifichino eventi pericolosi.”
Affinché un MHEWS funzioni devono ricorrere diverse condizioni; non si tratta semplicemente di avvisare la popolazione. I MHEWS sono composti infatti da 4 pilastri:
- Primo pilastro: conoscenza e gestione del rischio catastrofale.
- Secondo pilastro: Rilevamento, osservazioni, monitoraggio, analisi e previsione.
- Terzo pilastro: Diffusione e trasmissione degli avvertimenti.
- Quarto pilastro: capacità di preparazione e risposta.
I 4 pilastri rappresentano le aree necessarie da sviluppare affinché una risposta tempestiva, capillare ed efficace alle catastrofi possa essere messa in opera. Ognuna di queste aree è ugualmente importante perché si possa avere un sistema MHEWS efficace. Non è sufficiente infatti che venga effettuata dal servizio meteorologico una previsione accurata dell’evento estremo, occorre anche comunicarlo efficacemente e tempestivamente alla popolazione. Non è parimenti sufficiente una comunicazione efficace del rischio se ciò non è supportato da una preventiva educazione della popolazione. Quest’ultima non deve solo ricevere un messaggio che la avvisi di un pericolo, ma deve anche sapere come comportarsi per proteggersi. Deve sapere per esempio che in caso di alluvione è bene sostare ai piani alti delle abitazioni ed evitare di uscire. Occorrono inoltre soccorsi immediati e personale specializzato che possa intervenire rapidamente per soccorrere le persone colpite.
Il punto di partenza di tutto questo si ha con il primo pilastro: la conoscenza del rischio. Per poter predisporre una risposta mirata e coerente, ogni paese deve conoscere i rischi cui è più esposto. Questo può essere fatto attraverso le statistiche relative al trend negli eventi estremi in quella zona e a serie storiche su danni e perdite. Questi dati sono importanti in quanto permettono di stimare i fondi da destinare alla prevenzione del rischio sulla base di previsioni “impact-based”. È particolarmente utile ad esempio per la Florida sapere che sulle sue coste possono abbattersi degli uragani, in quanto nell’oceano vi sono le condizioni affinché ciò possa avvenire.
La Papua Nuova Guinea ad esempio è soggetta a rischio siccità. In attuazione del primo pilastro sono state mappate 22 province con l’ausilio di indicatori geografici, socio economici e climatici. Per definire il rischio di ogni provincia sono stati presi in considerazione dati sulle quantità di precipitazioni e sulla salute della vegetazione.
Il primo pilastro è quello in cui purtroppo sono stati riportati minori progressi dai paesi rispetto agli altri tre, come si evince dai report sullo status globale dei MHEWS (vedi note 6 e 15).
Conosciuti i rischi cui siamo più esposti occorre che vi sia la capacità di prevedere l’evento estremo e di farlo in tempo utile. Per questo esistono strumenti preziosi come le stazioni meteorologiche a terra e i satelliti. Pensiamo alla flotta di satelliti Sentinel del Servizio Climatico Copernico o ai satelliti Landsat della NASA [9]. Questo genere di satelliti misura continuamente la qualità dell’aria, l’estensione dei ghiacciai, la temperatura degli oceani, il livello dei mari, la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, i cambiamenti sulla superficie terrestre e molto altro. Attraverso questi dati è possibile generare delle previsioni probabilistiche. Per esempio, attraverso il monitoraggio del livello dei mari e dei dati sismici è possibile prevedere il rischio degli tsunami. Altre strumentazioni installate sui satelliti sono i sismometri, i GPS (utili per la localizzazione di infrastrutture critiche come strade e ponti) e sensori per misurare il livello dei fiumi.
Non sempre però è facile prevedere un dato evento, a volte persino impossibile. Pensiamo all’impossibilità di prevedere i terremoti. Non possiamo prevedere un singolo evento, ma possiamo comunque predisporre misure efficaci. Si può conoscere la sismicità di una data zona, e costruire edifici che possano resistere alle sollecitazioni ivi possibili. Si può inoltre educare la popolazione su come si deve comportare durante un terremoto. Un terremoto inoltre consta di onde sismiche primarie e onde sismiche secondarie. Le prime sono più veloci ma sono le seconde ad essere distruttive. Riuscire a rilevare le onde primarie avvisando in maniera automatica la popolazione può fornire quei secondi preziosi a trovare riparo e mettere in atto quei comportamenti che possono preservare l’incolumità delle persone. Anche in questi casi si può quindi predisporre una prevenzione efficace [10].
Un’altra difficoltà concerne gli uragani, a causa del cambiamento climatico e dei mari particolarmente caldi è più frequente la rapida intensificazione delle tempeste. Per esempio l’uragano Otis nel 2023 ha colpito le coste del Messico con intensità 5, la misura massima sulla scala Saffir-Simpson, ma questo non era stato previsto. Questa situazione rende più difficile predisporre contromisure commisurate all’entità dell’evento[11].
Per concludere è importante, affinché sia efficace, che un MHEWS sia “multi hazard”, vale a dire che sia in grado di prevedere varie tipologie di evento, le quali possono avvenire singolarmente, contemporaneamente o a cascata. Precipitazioni intense al termine di un lungo periodo di siccità ad esempio possono causare inondazioni, in quanto il terreno non riuscirà ad assorbirle prontamente. Pensiamo anche ad un ciclone che oltre a forti venti e piogge intense, può causare sia frane che inondazioni. Più cicloni possono colpire inoltre la stessa zona nello stesso momento, come successo in Mozambico nel 2022. Un MHEWS efficace deve essere in grado di prevedere questi rischi combinati e i loro effetti a cascata.
Una volta generate le previsioni dell’evento occorre avvisare la popolazione ed occorre farlo nel più breve tempo possibile e nel modo più capillare possibile. In questo campo è la tecnologia a fare la parte del leone. Sono particolarmente utili i “location based SMS” e la trasmissione broadcasting. I primi sono messaggi di testo che possono essere inviati a dispositivi operanti sotto uno specifico operatore all’interno di una determinata area geografica. Attraverso i location based SMS è possibile conoscere l’esatto numero di messaggi spediti e si può avere conferma dell’avvenuta ricezione. Presentano però il pericolo di congestione delle linee in quanto ogni messaggio va inviato separatamente.
Vi è poi la trasmissione broadcasting, attraverso la quale il segnale sotto forma di onde radio viene trasmesso a tutti i dispositivi presenti nella zona di influenza del ripetitore. Il segnale viene trasmesso con immediatezza, in modo molto preciso e senza il rischio di congestione delle linee. Vi è inoltre il vantaggio della riservatezza, non è necessario infatti conoscere i numeri di telefono cui inviare il segnale. Il funzionamento è identico a quello di una trasmissione radio, per ascoltarla basta accendere una radio.
Si basa sulla trasmissione broadcasting anche il sistema di allerta sviluppato dalla Protezione Civile “IT Alert [12]”, che ormai dovremmo conoscere per via dei test portati avanti nelle varie regioni. Il Sistema di allarme pubblico è attuazione dell’art.110 dell’European Electronic Communication Code, il quale dispone che a partire dal 2022 i paesi europei si devono dotare di tali sistemi [13]. Il sistema è attivo da febbraio per alcune tipologie di rischio (incidente nucleare, incidente industriale, collasso di dighe o attività vulcaniche di Campi Flegrei, Vesuvio e Isola di Vulcano). Il sistema è ancora in sperimentazione per quanto riguarda il maremoto, attività vulcanica dello Stromboli e precipitazioni intense. Vi sarà capitato durante i test di sentire commenti del tipo: “ma come fanno ad avere il mio numero?”. La risposta è: ”non ce l’hanno e non gli serve!”.
Il terzo pilastro dei MHEWS è quello in cui sono stati fatti i maggiori progressi da parte dei vari paesi, questo grazie alla diffusione dei cellulari e delle reti mobile 3G e 4G.
Inoltre social media, fax, radio e televisioni sono altri mezzi utili per diffondere un allarme. Diffondere il messaggio sulle differenti piattaforme infine, seguendo un protocollo standard per ognuna di esse, ne aumenta l’efficacia. Nelle comunità più remote non può essere sottovalutato il ruolo degli strumenti più classici come i megafoni, volantini e poster. Strumenti del genere possono andare incontro alle esigenze della parte di popolazione più svantaggiata, pensiamo all’importanza di una sirena che avvisi del pericolo, o di un messaggio a voce per una persona non vedente o che non sa leggere, eventualità quest’ultima non rara in paesi meno sviluppati.
Il quarto pilastro, ultimo non certo in ordine di importanza, prevede che vengano messe in atto contromisure rapide per proteggere le persone e limitare i danni alle cose. Pensiamo alle evacuazioni in vista di un uragano o alla fornitura di cibo, acqua potabile, prodotti igienici e persino kit di riparazione nelle aree colpite da un ciclone. Affinché le evacuazioni vengano svolte in sicurezza inoltre occorre aver preventivamente individuato zone e rifugi idonei allo scopo. Anche le scorte da distribuire alla popolazione devono essere preventivamente procurate e allocate. Queste ed altre attività sono espressione del quarto pilastro. La risposta al disastro è affidata solitamente ai servizi di protezione civile o alla Croce Rossa. Nei casi più gravi può essere necessario far intervenire anche l’esercito, come è stato fatto ad esempio in seguito alle alluvioni di Valencia.
Un esempio pratico di contromisura in seguito al disastro è il Livestock Forage Disaster Program statunitense, il quale offre aiuto finanziario agli allevatori che dovessero subire perdite in caso di siccità. Questo al fine di mantenere il benessere del bestiame e fare in modo che essi possano proseguire nella loro attività [14].
Naturalmente affinché tutto questo possa essere realizzato occorrono una buona governance, che abbia un approccio integrato alla realizzazione del MHEWS e adeguati fondi. Questi ultimi possono essere allocati con i più diversi strumenti a seconda delle situazioni: sovvenzioni, prestiti, azioni, assicurazioni o strumenti ibridi. Per ogni parte del piano deve essere chiaro a chi ne verrà affidata l’attuazione e quali saranno le sue responsabilità.
Perché questi strumenti sono così importanti? La presenza di un MHEWS fa la differenza in quanto a protezione delle vite umane. Ove questi sistemi sono presenti vi è una mortalità associata agli eventi catastrofali sei volte inferiore rispetto ai paesi in cui questi sistemi non ci sono. Dal 2005 al 2022 vi sono stati 0,71 decessi ogni 100.000 persone in caso di presenza di MHEWS contro i 4,05 decessi ove questi sistemi non erano presenti. Gli MHEWS quindi salvano vite!
Parimenti, ove questi sistemi sono presenti, le persone colpite in seguito all’evento sono 5 volte di meno, parliamo di 3132 persone colpite su 100.000 persone contro 688 su 100.000 in caso di presenza di questi sistemi (Dati 2005-2022).
I dati dal 2005 al 2023 (come da report 2024 [15]) sono simili: 0,63 decessi contro 3,79 e 881 persone colpite contro 3087.
Attualmente più di metà dei paesi del mondo riportano di essere dotati di questi sistemi. A Marzo 2024 108 paesi hanno riportato l’esistenza degli MHEWS, il 55% dei paesi nel mondo. Un miglioramento significativo rispetto ai 52 paesi del 2015. Grandi progressi sono stati ottenuti anche nel continente africano. Rimane tuttavia molta strada da fare. Se da un lato infatti il continente asiatico risulta il più coperto con il 67% dei paesi, nel continente americano questo dato si attesta al 40%. La percentuale è ancora più bassa negli stati insulari. Permangono poi differenze nella qualità raggiunta dai vari sistemi. In ogni caso tutte le aree del pianeta hanno ottenuto enormi progressi e questo fa ben sperare.
In un mondo che cambia, ed in cui la maggior parte della popolazione mondiale è esposta a catastrofi, la prevenzione assume un ruolo indispensabile.
[2] https://climate.copernicus.eu/why-do-we-keep-talking-about-15degc-and-2degc-above-pre-industrial-era
Ne abbiamo parlato anche noi di Minerva: https://www.noidiminerva.it/accordo-di-parigi-ha-fallito/
[5] https://wmo.int/topics/extreme-weather
[6] Global Status of Multi-Hazard Early Warning System 2023 report. UNDRR e WMO
https://wmo.int/publication-series/global-status-of-multi-hazard-early-warning-systems-2023
Il valore è dello 0,3% nel 2023. Negli stati meno sviluppati però il valore è 7,5 volte più alto della media globale. Vedi report 2024.
[7] https://www.un.org/en/climatechange/early-warnings-for-all
[8] https://www.undrr.org/terminology/early-warning-system
[9] https://www.copernicus.eu/it/informazioni-su-copernicus/infrastruttura/scopri-i-nostri-satelliti
[10] https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/sismico/attivita/classificazione-sismica/
[11] https://shorturl.at/OaMqo
[12] https://www.it-alert.it/it/cose/
[13] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=celex%3A32018L1972
[14] https://www.fsa.usda.gov/resources/programs/livestock-forage-disaster-program-lfp
[15] https://wmo.int/publication-series/global-status-of-multi-hazard-early-warning-systems-2024
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