Ogni anno vengono macellati a scopo alimentare oltre cento miliardi (avete letto bene) di animali, la maggior parte dei quali è pollame. L’allevamento è una delle attività umane con il maggiore impatto ambientale: oltre metà delle coltivazioni terrestri è infatti destinato produrre foraggi e mangime per gli allevamenti, con enorme pressione verso territori vergini (che vengono convertiti a nuove coltivazioni, con danni ad animali e popolazioni) e danno ambientale diretto (deterioramento del suolo, elevato consumo di acqua…).
Per finire, la richiesta di carne è più che raddoppiata negli ultimi 50 anni, e -complice l’aumento della popolazione umana e il miglioramento delle condizioni di vita umane in molte aree del globo- aumenterà ancora nei prossimi anni.
È dunque evidente che il sistema degli allevamenti potrebbe giungere al collasso. Una risposta sempre più diffusa all’aumentata consapevolezza del problema è l’incremento di persone che sposano diete vegetariane, che resta tuttavia un fenomeno di nicchia e poco influente a livello globale.
Ma se fosse possibile produrre carne…senza animali?
La carne artificiale è ottenuta tramite colture cellulari, in laboratorio. Cellule staminali vengono fatte crescere a formare un tessuto con caratteristiche del tutto simili al tessuto animale. L’idea che fosse poco efficiente allevare un intero animale per usarne solo alcune parti a scopo alimentare era stata evidenziata già da Winston Churchill nel 1931, ma i primi passi avanti nella produzione di carne artificiale si sono avuti alla fine degli anni 90, quando è stato depositato il primo brevetto per la produzione in vitro di tessuti ingegnerizzati. Nel 2013 a Londra ha avuto luogo la prima dimostrazione pubblica, un hamburger è stato cotto e poi assaggiato da un critico, che ha affermato che “il sapore è quello della carne”.
Da allora l’interesse per la carne artificiale è enormemente lievitato, per via delle enormi ricadute etiche ed ambientali che un simile prodotto ha, ma anche per la possibilità di produrre a costi enormemente inferiori. La possibilità di “creare” da cellule ingegnerizzate permette inoltre di stabilire a priori la composizione in termini di nutrienti (proteine, grassi…) per offrire un prodotto del tutto bilanciato con le necessità nutrizionali umane.
La procedura di produzione, sebbene ancora grezza, è semplice: si parte da cellule staminali di muscolo animale e le si fa crescere in una coltura usando un’impalcatura tridimensionale per “guidare” la crescita e la forma della massa cellulare (un compito che nell’organismo è svolto dalla matrice extracellulare). Una volta iniziato il processo, le cellule ingegnerizzate continuano a replicarsi all’infinito, producendo teoricamente 50 mila tonnellate di carne a partire da una singola cellula dopo due mesi di coltivazione.
Vi sono ancora alcune questioni da risolvere: la carne “vera” non è fatta solo da cellule muscolari ma anche da cellule lipidiche, fondamentali per dare alla carne il “gusto” a cui siamo abituati e le qualità organolettiche necessarie ad una cottura tradizionale. Inoltre, ad oggi il liquido in cui le cellule vengono coltivate contiene componenti di origine animale, quindi, finché non saranno trovate soluzioni alternative, anche la produzione di carne artificiale avrebbe comunque una certa dipendenza (sebbene molto inferiore) dall’allevamento.
Voi assaggereste un hamburger coltivato in laboratorio?
Di S. M.
Approfondimenti
- Primo hamburger artificiale (BBC)
- NYT: in vitro meat
- Cos’è la carne artificiale? (ScienceDirect)
- Processo produttivo della carne artificiale (in inglese)
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