Il telescopio spaziale dell’ESA è decollato con successo il primo luglio su un razzo Falcon 9 di SpaceX dalla Space Force Station in Florida. La missione ha uno scopo ambizioso e senza precedenti: scoprire la natura delle due componenti più misteriose del nostro universo, la materia oscura e l’energia oscura. Lo strumento dovrà esaminare un miliardo di galassie e mappare gli ultimi dieci miliardi di anni di storia cosmica su più di un terzo del cielo, per provare a risolvere il più grande enigma della cosmologia e rispondere alla domanda fondamentale: di cosa è fatto l’universo?

“L’obiettivo primario della missione Euclid è capire perché l’espansione dell’universo sta accelerando, cioè qual è la fonte dell’accelerazione e quali sono le proprietà di questa fonte,” ha spiegato a Le Scienze Yannick Mellier, dell’Institut d’Astrophysique de Paris (IAP), [responsabile del Consorzio di Euclid]. Si tratta di capire se questa fonte è “una nuova interazione fondamentale, soprannominata ‘energia oscura’, o una manifestazione della gravità modificata che su scale cosmologiche devierebbe da quanto previsto dalla teoria della relatività generale,” ha proseguito l’astrofisico. Il telescopio osserverà l’evoluzione della distribuzione della materia oscura e delle galassie negli ultimi dieci miliardi di anni.

Il satellite impiegherà circa un mese per raggiungere il suo punto di orbita operativa, il Lagrange 2, situato a 1,5 milioni di chilometri oltre l’orbita terrestre, dalla parte opposta del Sole. È un punto privilegiato per l’osservazione dello spazio profondo e infatti lì si trovano anche il satellite Gaia dell’ESA e il James Webb Space Telescope della NASA. La vita operativa prevista del velivolo è di sei anni, con possibilità limitata di estensione.

Gli strumenti di Euclid creeranno una mappa tridimensionale della materia visibile ordinaria, rivelando così la distribuzione della materia oscura presente nell’universo. La materia visibile, vale a dire le stelle, i pianeti, i meteoriti, ma anche tutto ciò che possiamo vedere e toccare sul nostro pianeta, costituisce meno del 5% dell’universo conosciuto: il resto è per il 25% circa materia oscura e per il restante 70% circa energia oscura, entrambe completamente invisibili e dalle proprietà ancora sconosciute. Gli astrofisici non hanno trovato ancora né una definizione né delle caratteristiche fisiche di queste due componenti, ma questa teoria è per ora la spiegazione migliore del funzionamento della gravità tra galassie. Infatti, quando si è iniziato a calcolare le proprietà dell’universo, è diventato evidente che la quantità di materia che riusciamo a vedere non è sufficiente per spiegare il modo in cui i sistemi di stelle e pianeti sono strutturati: la gravità legata alla materia ordinaria non crea abbastanza attrazione per tenere insieme le galassie.

La chiave per comprendere la struttura e l’evoluzione dell’universo risiede nella modalità con cui la materia, sia luminosa che oscura, si distribuisce nello spazio e nel modo in cui questa distribuzione si modifica nel corso del tempo, in una costante lotta tra espansione e attrazione gravitazionale. A seconda del tipo di materia oscura presente, del suo rapporto con la materia luminosa, delle caratteristiche dell’energia oscura e del tasso di espansione dell’universo, la materia tende a organizzarsi in ‘filamenti’ che si intrecciano in punti di alta densità. Andrea Cimatti, membro dell’Euclid Science Team (EST) dell’ESA spiega a Le Scienze: “Questa struttura è stata denominata ‘ragnatela cosmica’ per la sua somiglianza con una tela di ragno, e l’obiettivo di Euclid è quello di ottenere dati che permettano di ricostruire fedelmente la mappa 3D della ragnatela cosmica e tracciare la sua evoluzione durante gli ultimi dieci miliardi di anni.”

Fonte: https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Images/2023/05/The_Universe_across_space_and_time

La conferma dell’esistenza della materia oscura aiuterebbe a spiegare molti fenomeni che si verificano nelle galassie, ma non l’intero funzionamento dell’universo. Nel 1929 Edwin Hubble scoprì che l’universo è in continua espansione, osservando il modo in cui appaiono e si muovono le galassie più lontane dalla Terra. Nel 1998 un gruppo di astrofisici statunitensi ha fatto una scoperta che ha rivoluzionato l’astronomia e la cosmologia, perché andava contro ogni aspettativa e teoria fisica. Si pensava, infatti, che l’espansione dell’universo, innescata dal Big Bang, stesse rallentando a causa della forza gravitazionale. Essendo la gravità una forza esclusivamente attrattiva, il suo effetto sul moto di espansione deve essere quello di una lenta decelerazione: tuttavia, grazie alle scoperte di questo team, e grazie alle osservazioni condotte dal telescopio Hubble negli ultimi 25 anni, sappiamo che l’universo è in espansione accelerata anziché rallentata.

“Se sta accelerando, deve esserci una forza che sta accelerando questa espansione,” spiega a La Repubblica Josef Aschbacher, il direttore generale dell’ESA. “Questa è una delle cose a cui guarderà la missione del satellite Euclid. Studiando e mappando le galassie si può vedere come si sono evolute nel tempo.”

Il telescopio dovrà quindi misurare accuratamente miliardi di galassie, in un campo visivo ampio e con un obiettivo estremamente specifico. “Euclid ha a bordo due strumenti con cui effettuare misure di lensing gravitazionale debole e di clustering da parte delle galassie”, spiega a Le Scienze Roberto Scaramella, dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) e membro dell’ESA. Il lensing gravitazionale è un qualsiasi corpo celeste che, con la sua elevata massa, esercita una forza di gravità tale da deviare la luce che gli passa accanto; il cluùstering, o in italiano ‘ammasso stellare’, è un gruppo di stelle molto denso.

Il primo strumento, chiamato VIS (VISible instrument), realizza immagini nello spettro visibile, ovvero la porzione di luce che i nostri occhi sono in grado di percepire. Il secondo, NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer), serve alle osservazioni nell’infrarosso, una parte dello spettro elettromagnetico non visibile all’occhio umano poiché di frequenza inferiore rispetto alla luce visibile. Entrambi sono soggetti a distorsioni, per questo sono usati approcci complementari. Questi strumenti sono stati forniti dallo Euclid Consortium, un’organizzazione internazionale composta da scienziati provenienti da 14 paesi europei, nonché da gruppi di ricerca provenienti dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Giappone. Questo progetto ha coinvolto in totale oltre duemila persone, tra cui vari gruppi di ricerca e di lavoro anche in Italia.

I primi risultati di Euclid sono attesi nel 2025, ma la sua mappa completa non sarà pubblicata fino al 2030. La teoria cosmologica attualmente favorita è incentrata sull’energia oscura: il risultato di questa missione e degli altri progetti di mappatura del cosmo sarà quello di metterla definitivamente alla prova. Molti scienziati pensano che siamo vicini ad un nuovo punto di svolta per la fisica, la cosmologia e la nostra comprensione dell’universo stesso. Mellier segnala il bisogno di mantenere un atteggiamento cauto, ma anche che la missione Euclid potrebbe auspicabilmente contribuire a una rivoluzione della fisica fondamentale e della cosmologia.

 

 

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