Le persone che soffrono di celiachia sono circa l’1% della popolazione, ma fino al 12% riferisce di avere gli stessi sintomi quando mangia pane, pasta, pizza e prodotti derivati dal grano: quindi disturbi intestinali, difficoltà a digerire, debolezza fisica e, in alcuni casi, eruzioni cutanee.
In questi casi seguire una dieta gluten-free non risolve il problema. A quanto pare, il nemico per queste persone non è una proteina, come il glutine, ma il fruttano, un carboidrato.
Il fruttano è un alimento che fa parte dei FODMAP, carboidrati a catena corta, che non vengono facilmente digeriti e fermentano nel nostro intestino, causando la sindrome dell’intestino irritabile che è, appunto, uno dei campanelli d’allarme per una sospetta intolleranza al glutine.
Questo carboidrato, costituito da una lunga catena di molecole di fruttosio, si trova in orzo, riso e grano, ma anche in alcuni vegetali e legumi come per esempio cipolle, ceci e carciofi.
I ricercatori dell’Università di Oslo e dell’Università di Monash hanno sottoposto 59 soggetti auto-diagnosticatisi la celiachia ad un interessante esperimento: per alcune settimane i pazienti dovevano mangiare delle barrette senza sapere se queste contenessero glutine, fruttano o un placebo, e annotare la comparsa e gravità dei sintomi.
Risultato? La barretta contenente il glutine non ha dato effetti negativi, mentre i soggetti sottoposti al fruttano hanno riportato sintomi gastrointestinali assimilabili alla celiachia (GSRS-IBS). Questo potrebbe spiegare perché soggetti che si auto-diagnosticano la celiachia senza analisi approfondite, non riscontrano eccessivi miglioramenti dopo l’eliminazione del glutine.
La celiachia non è una malattia facile da diagnosticare, soprattutto perché il test “definitivo” è una biopsia duodenale, quindi abbastanza invasivo; ma i metodi ci sono e sono sempre meglio della auto-diagnosi, che spesso causa più danni che benefici.
Per maggiori informazioni sui sintomi e sulla diagnosi di celiachia: https://www.msdmanuals.com/it/casa/disturbi-digestivi/malassorbimento/celiachia
Fonte:
https://www.gastrojournal.org/article/S0016-5085(17)36302-3/pdf
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